Berlusconi: «Pronto a ricandidarmi. Non sosterremo altri governi»

Berlusconi: «Pronto a ricandidarmi. Non sosterremo altri governi»
di Barbara Jerkov
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Domenica 27 Novembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 09:08

«La sentenza di Strasburgo dovrà arrivare. Sono assolutamente sicuro che metterà in chiaro come non ci sia stata nessuna evasione da parte mia. E quindi io dovrei ritornare nella possibilità di ricandidarmi. In quel caso il centrodestra non avrebbe la necessità di cercare altri leader». Parla Silvio Berlusconi, tornato in campo a tutti gli effetti, anche se questo pomeriggio è atteso per nuove analisi mediche («di routine», assicurano i suoi) che lo costringeranno qualche giorno per esami al San Raffaele.

Presidente, dobbiamo immaginare che si sia ripreso perfettamente dopo l’intervento di quest’estate. Si era detto, da parte dei suoi stessi medici, che aveva chiuso con la politica attiva. Invece...
«I miei medici fanno prevalere l’affetto per me sulle esigenze della politica. In realtà proprio grazie alla loro professionalità – e naturalmente all’aiuto di Dio – sono in grado di impegnarmi in una battaglia decisiva per la democrazia».

Perché questo sforzo particolare per il No?
«Perché corriamo un rischio di uno stravolgimento davvero inaccettabile delle regole democratiche. Una volta che fosse approvata questa riforma, se il centrodestra vincesse le elezioni non potrebbe in ogni caso governare, perché il Pd si è assicurato comunque la maggioranza del 60% dei senatori in modo automatico. Infatti i senatori non verranno eletti dagli italiani, verranno nominati dalle Regioni, 17 su 20 delle quali sono guidate dalla sinistra. Il vincitore delle elezioni dunque – se diverso dal Pd - avrebbe la maggioranza alla Camera ma un Senato comunque ostile. E poiché il Senato non viene affatto abolito, anzi conserva poteri importantissimi, vi sarebbe un continuo conflitto fra le due camere che porterebbe il paese alla paralisi. Insomma, sarebbe impossibile governare per il vincitore delle elezioni. Questo in democrazia è assurdo, intollerabile, ingiustificabile. Se poi invece vincesse il Pd, mettendo insieme la nuova Costituzione e la nuova legge elettorale, vi sarebbero le condizioni per una pericolosa deriva autoritaria. Con le nuove norme, che Renzi ha cucito come un abito su misura per sé e per il suo partito, ottenendo il 30% dei voti il Pd avrebbe un’ampia maggioranza a Camera e Senato, e di conseguenza la possibilità di scegliere anche le massime cariche di garanzia, dal Capo dello Stato ai Giudici Costituzionali. Non dobbiamo dimenticare però che metà degli italiani non va più a votare, e che purtroppo la tendenza non sembra destinata a migliorare: quindi il 30% dei voti equivarrebbe al 15% degli elettori. Possiamo consentire alla sinistra, con il consenso di un italiano su sei, di avere tutti i poteri? Io credo che dobbiamo fare di tutto per evitarlo».

Anche lei però , in una prima fase, ha sostenuto queste riforme costituzionali. Cos’è cambiato per cui oggi le ritiene addirittura pericolose per il Paese?
«È cambiato qualcosa di molto semplice: ci siamo accorti che Renzi non cercava un accordo per fare le riforme insieme, cercava la nostra complicità per fare le riforme utili solo a lui e al suo partito. Vede, io ho sempre detto che le riforme costituzionali sono indispensabili, e che vanno fatte insieme. Il Foglio ha ripubblicato nei giorni scorsi un mio discorso alla Camera nel 1995, nel quale, parlando a nome di tutto il centrodestra, chiedevo le riforme che anche oggi sono urgenti. Sono lieto che gli amici del Foglio lo abbiano fatto, perché si evidenzia la nostra coerenza. Chiedevamo il presidenzialismo, chiedevamo per il presidente del Consiglio gli stessi poteri dei suoi colleghi europei, chiedevamo il federalismo, tutte cose delle quali nella riforma di Renzi non c’è traccia. Chiedevamo il Senato delle autonomie, non un dopolavoro romano per consiglieri regionali e sindaci in vacanza, da usare a fini ostruzionistici contro eventuali governi ostili. Quando Renzi ci ha parlato della possibilità di un percorso condiviso, naturalmente eravamo interessati, fino al punto di accettare ben 17 modifiche importanti rispetto all’impostazione originale. Tutte modifiche che non condividevamo, ma ritenevamo giusto accettare dei compromessi per arrivare a un risultato a lungo inseguito. Quando però abbiamo dovuto prendere atto che l’obbiettivo di Renzi non era l’interesse del paese, ma solo quello suo e del Pd, abbiamo dovuto chiamarci fuori, e da allora ci siamo opposti in modo fermo a questa riforma, che non somiglia né a quella che volevamo, né a quella della quale avevamo parlato con loro al principio che, voglio ripeterlo, è una riforma inaccettabile, assurda, negativa della democrazia».

E parlando da imprenditore, vista la sua lunghissima esperienza, ritiene fondato l’allarme lanciato dalla stessa Bankitalia oltre che dai media internazionali, sulle ripercussioni per i mercati in caso di sconfitta del governo sulle riforme?
«Questa è davvero una leggenda confezionata ad arte per spaventare i mercati e condizionare gli elettori. Un vero e proprio ricatto al quale il governo italiano per primo dovrebbe opporsi. Le condizioni dell’economia italiana non cambieranno in caso di vittoria del Sì, miglioreranno invece in caso di vittoria del No. Infatti cambieranno quando vi sarà un governo che finalmente attenuerà la pressione fiscale, assicurerà una giustizia giusta e veloce, non aumenterà ma anzi diminuirà il debito pubblico, attirerà gli investimenti snellendo la burocrazia. Questo interessa ai mercati, non come vengono eletti i senatori, e neppure che rimanga al governo un premier che si è dimostrato incapace di far ripartire il Paese». 

Se dovessero vincere i No, cosa potrebbe succedere? Forza Italia potrebbe appoggiare un governo di scopo per la legge elettorale e poi tornare alle urne? E chi immagina potrebbe o dovrebbe guidarlo?
«Forza Italia in questa legislatura non appoggerà nessun governo. Siamo però disposti, ed anzi riteniamo necessario, sederci intorno ad un tavolo per riscrivere la legge elettorale. Il sistema di voto è una delle regole fondamentali della democrazia, e sono convinto che tutti debbano essere coinvolti. Certo, ci vorrà un governo nel frattempo, ma sarà il Presidente della Repubblica, nel quale abbiamo piena fiducia, a garantire questa delicata fase, essendo anche titolare del potere di scioglimento delle Camere. Poco importa dunque chi sarà a guidare l’esecutivo, l’importante è che sia un processo breve e che gli italiani possano tornare alle urne per scegliere da chi vogliono essere governati. Sono passati nove anni da quando per l’ultima volta in Italia un governo venne espresso dagli elettori. Quel governo era il nostro, fatto poi cadere nel 2011 da un complotto di poteri interni ed esteri che hanno realizzato un vero e proprio colpo di stato. Uno dei cinque che negli ultimi 25 anni hanno profondamente alterato la nostra democrazia».

Lei è tornato a sostenere la necessità di un sistema elettorale proporzionale: perché? 
«Per rispetto della sovranità popolare, che è il fondamento della nostra Costituzione, nella sua prima parte, quella che nessuno si sogna di cambiare. In passato in Italia esisteva un sostanziale bipolarismo, la grande maggioranza degli italiani si riconosceva nell’uno o nell’altro polo, e quindi un sistema elettorale maggioritario, basato sui collegi o sul premio di maggioranza, era adatto a garantire insieme rappresentatività e governabilità. Chi vinceva le elezioni aveva, o era molto vicino ad avere, la maggioranza assoluta dei voti, e quindi il premio - che assicurava un certo numero di seggi in più - serviva ad assicurare una migliore governabilità in Parlamento ad una maggioranza reale fra i cittadini. Oggi non è più così, l’elettorato italiano è diviso almeno in tre poli, ma in realtà le articolazioni sono di più. Questo significa che si premierebbe lo schieramento che arriva primo, magari a costo di alleanze innaturali, ma questo schieramento con un 30% o poco più dei votanti rappresenterebbe comunque solo una delle tante minoranze. Avremmo un governo sostenuto dal voto del 15% degli aventi diritto al voto stesso, un italiano su sei e osteggiato da almeno l’80% dei cittadini. Questa non è più democrazia. L’unica risposta è che siano i cittadini stessi a decidere se far vincere un partito o uno schieramento con una maggioranza vera di voti. Io naturalmente spero che vinceremo noi». 

Alfano, proprio sul nostro giornale, ha lanciato un appello a tutti i moderati, a partire da lei, per costruire insieme un nuovo partito liberale, popolare e moderato, purché sia chiara la cesura con le forze lepeniste, a cominciare dalla Lega. Cosa risponde?
«Per costruire un soggetto liberale e popolare la prima cesura dev’essere nei confronti di chi rappresenta una storia del tutto diversa dalla nostra, nei confronti di chi affonda le sue radici nella sinistra, cattolica o post-comunista che sia. Quanto alla Lega, naturalmente, è cosa diversa da noi, ma merita rispetto, e soprattutto meritano rispetto i milioni di italiani che alla Lega affidano le loro legittime paure, la loro esasperazione, la loro voglia di cambiamento. Poi certo sta a noi dare quelle risposte concrete che non sempre la Lega da sola riesce a dare». 

Un’ultima domanda, presidente. Dunque pensa di ricandidarsi per palazzo Chigi, Strasburgo permettendo?
«Intanto mi auguro che la corte di Strasburgo voglia decidere il prima possibile ed emanare una sentenza che potrebbe riscrivere la storia della democrazia di un grande paese europeo come l’Italia. Quando la Corte Europea mi avrà restituito l’onorabilità e i diritti politici, cosa che sono certo dovrà fare, allora mi porrò il problema. Oggi però il tema non è questo, è vincere il 4 dicembre. Poi, sarà tutt’un’altra storia, una bella storia di libertà. Per questo ne approfitto, con il suo permesso, per ricordare agli italiani l’importanza di andare alle urne. Questo non è un referendum come gli altri, non esiste il quorum, il risultato sarebbe valido anche se votasse una sola persona. Chi pensasse, come negli altri referendum, di non andare a votare per annullarne il risultato, deve sapere che stavolta non funziona così. Stare a casa aiuta la vittoria del Sì. Per questo chiedo a tutti i nostri elettori, a tutti gli italiani che hanno a cuore la democrazia e il futuro del nostro paese, di fare un piccolo sacrificio, andare ai seggi ed esprimere un fermo e responsabile No». 
 

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