Il Cavaliere: traditori pure tra noi
E accelera sulla riorganizzazione

Daniela Santanchè
di Marco Conti
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Domenica 20 Ottobre 2013, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 16:29
ROMA Dire che Silvio Berlusconi una furia per la decisione del tribunale di Milano che lo ha interdetto dai pubblici uffici per due anni, un eufemismo. Chiuso ad Arcore legge le dichiarazioni di solidarietà dei suoi dividendole sulla scrivania in tre mucchietti. Da una lato «i falsi e traditori», dall’altro quelli che «mi hanno sempre voluto bene». In mezzo «gli opportunisti» che «aspettano di capire come finisce». Raccontano che, malgrado la telefonata, la nota dettata alle agenzie di Angelino Alfano sia finita nel primo gruppo e che ad irritare il Cavaliere siano state anche le manovre centriste che coinvolgono il segretario del Pdl.

PRENDERE TEMPO

Come sottolinea Osvaldo Napoli, Berlusconi è rimasto sorpreso sia «per la velocità» del Tribunale di Milano sia «l’automatismo» tra la richiesta della Procura e i due anni di interdizione comminati ieri e che ora verranno confermati dalla Cassazione. E’ per questo che da ieri comincia a dubitare dell’opportunità di assecondare la politica del rinvio che stanno attuando le colombe del partito. In questo modo - è il ragionamento che si faceva ieri ad Arcore - «tentano di svuotare di significato politico il voto sulla decadenza, perché dopo che la Cassazione si sarà pronunciata, faranno passare il voto per una semplice presa d’atto».

Duramente provato e letteralmente terrorizzato per ciò che gli potrebbe accadere senza più lo scudo da senatore, Berlusconi continua a muoversi con estrema cautela sia nei confronti del governo sia verso il partito. La legge di stabilità varata dal governo non gli piace perché, come sostiene Sandro Bondi, «va in senso diametralmente opposto a quello che è il nostro programma». Gli oltre due mesi di trattativa parlamentare prima dell’approvazione, gli consentono di prendere tempo in attesa di vedere cosa accadrà anche nel Pd. Un’accelerazione, dopo settimane di attesa, potrebbe esserci sul partito se è vero, come sostengono i lealisti, che in settimana potrebbe essere convocato l’ufficio di presidenza che dovrebbe consentire ad Alfano di lasciare la segreteria del Pdl. Malgrado il pressing dei lealisti, il Cavaliere ieri sfogliava ancora la margherita. Anche perché non è detto che Alfano decida di mollare il ministero offrendo a Letta come suo sostituto al Viminale il nome di Renato Schifani. A quel punto, ragionano i lealisti, parte del Pdl potrebbe però chiedere - più o meno provocatoriamente - la nomina a ministro dell’attuale capogruppo del Pdl della Camera. Uno scenario che Letta e Franceschini devono avere ben presente, al punto che ieri l’altro il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha negato con forza ogni ipotesi di rimpasto.

La sorda guerra in corso nel Pdl tra colombe e lealisti si accessoria quotidianamente di una serie di ”suggeritori” più o meno esterni che il Cavaliere consulta più o meno volontariamente. Tra questi, oltre ai soliti e mai eclissati Confalonieri, Dell’Utri e Previti, un ruolo politico non trascurabile lo ha ormai assunto Francesca Pascale la quale, malgrado la giovane età, mastica politica da sempre e da prima di essere ammessa ad Arcore. La Pascale è in questo momento l’unica ad avere ottimi rapporti sia con le colombe-governative, sia con i falchi e i lealisti e sarebbe proprio lei a consigliare al Cavaliere cautela anche nello scaricare l’operazione centrista in corso al Senato e che gli permetterebbe forse di guadagnare alla causa del ”no” alla decadenza un’altra decina di voti. Resta il fatto che i due anni di interdizione, che di fatto completano la sentenza Mediaset, seppur attesi, hanno fatto peggiorare di molto l’umore del Cavaliere che martedì sarà a Roma proprio per affrontare il nodo della gestione del partito e del possibile passaggio dal Pdl a FI.

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