Il Cavaliere prende tempo, senza contare che Salvini e la Meloni da settimane si propongono come unici possibili inquilini per Palazzo Chigi e non cessano di punzecchiare FI chiedendo di fare il proprio nome. Berlusconi è fuori gioco, per via della legge Severino, e il patto fatto tra i partiti del centrodestra - chi arriva primo fa il premier - imporrebbe al Cavaliere di uscire dal criptico silenzio.
I motivi che spingono il Cavaliere a rimandare il nome sono diversi, ma il più rilevante sta nella voglia che ha Berlusconi di intestare solo a se stesso il recupero e la possibile vittoria elettorale. Ufficializzare il nome quando mancheranno pochi giorni al voto, significa non attribuire peso al candidato per Palazzo Chigi che Berlusconi presenterà come una sorta di propaggine, sicura e garantita, della sua vittoria. In buona sostanza Berlusconi non intende dividere con nessuno il successo elettorale. Tantomeno pensa di individuare in questo modo un suo successore.
Le eventuali difficoltà che incontrerebbe Tajani a lasciare l’incarico europeo per il governo non preoccupano nè il Cavaliere né il diretto interessato. Bruxelles, pur di avere un governo a spiccata propensione europeista, sarebbe ben disposta a cercare un altro presidente dell’europarlamento.
Infine ci sono i problemi interni a Forza Italia. Tajani rappresenta il profilo europeista di FI, ma gli azzurri del Nord, guidati dal governatore della Liguria Giovanni Toti, guardano altrove e in direzione di Matteo Salvini. Il progetto resta lo stesso, malgrado il Rosatellum: unico grande partito del centrodestra.
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