Banche, niente proroga: stop al Pd

Banche, niente proroga: stop al Pd
di Alberto Gentili
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Domenica 5 Novembre 2017, 14:24 - Ultimo aggiornamento: 23:59
Prima l'incontro venerdì al Quirinale, tra Sergio Mattarella, Pietro Grasso e Laura Boldrini, in occasione della consegna delle decorazioni militari. Poi, ieri, un nuovo rendez-vous tra le tre massime cariche istituzionali all'Altare della Patria. Questa volta allargato al premier Paolo Gentiloni. E, subito dopo, lo stop formale a ogni ipotesi di proroga della commissione parlamentare d'inchiesta sulle crisi bancarie. A palazzo Madama e a Montecitorio garantiscono che non si tratta di una coincidenza. Anzi.

La triangolazione istituzionale, avvenuta in brevi conciliaboli, è servita per mettere a fuoco il rischio che la Commissione venga piegata a fini di parte e usata come manganello elettorale. Con il pericolo sempre più concreto che il bersaglio grosso diventi Ignazio Visco, il governatore della Banca d'Italia appena riconfermato. «Andremo fino in fondo, vogliamo la verità», ripete il leader del Pd, Matteo Renzi.

Ebbene, lo stop ai lavori della Commissione - in risposta a una lettera del 6 ottobre del presidente Pier Ferdinando Casini - già maturato nei giorni scorsi, ma reso ufficiale solo ieri, arriva per fermare il tentativo del segretario del Pd di far lavorare l'organismo d'inchiesta anche dopo lo scioglimento del Parlamento previsto per la fine di dicembre. Anche in piena campagna elettorale.

LE DUE LETTERE
«Non è ammessa la prosecuzione dell'attività di indagine, mentre è consentita l'approvazione di relazioni conclusive», ha scritto il 27 ottobre la Boldrini. Quattro giorni dopo Grasso ha messo nero su bianco: «Con lo scioglimento delle Camere si affievoliscono i poteri delle commissioni di inchiesta. In regime di prorogatio esse devono di conseguenza astenersi da qualunque attività inquirente».

Un vero e proprio altolà. E Casini, che al pari di Mattarella e dei presidenti di Camera e Senato teme che la Commissione si trasformi in un campo di battaglia, ha accolto con favore il doppio stop: «Quello che hanno detto Grasso e Boldrini è ineccepibile, è una cosa ovvia».

Della questione Casini dice di non aver parlato con Renzi, incontrato per una ventina di minuti nella sede del Consiglio regionale a Firenze, a margine della presentazione di un libro. Ma c'è chi azzarda che il presidente della Commissione abbia chiesto al segretario del Pd di aiutarlo a sventare un'operazione contro Bankitalia portata avanti da alcuni componenti dell'organismo d'inchiesta, tra cui Enrico Zanetti. Operazione che Casini ha descritto ad alcuni commissari così: «Vogliono dare il palcoscenico a chi ha rapinato migliaia di risparmiatori. Non consentirò che si utilizzi la Commissione come cassa di risonanza per chi è sotto inchiesta». Il riferimento sembra diretto al capo della Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, che Zanetti vorrebbe audire in un confronto con Carmelo Barbagallo, capo della vigilanza di Bankitalia.

Casini resta invece convinto che serva il confronto all'americana, previsto per giovedì prossimo, proprio tra Barbagallo e il direttore generale della Consob, Angelo Apponi, sulle banche venete: «Tra Banca d'Italia e Consob un confronto si impone, abbiamo registrato incongruenze e visioni diverse, credo sia nell'interesse di tutti arrivare alla verità con un accertamento preciso del quadro delle responsabilità».

I Cinquestelle in Commissione hanno attaccato Casini per l'incontro con Renzi: «Cosa fa? Si fa dettare l'agenda dal leader del Pd? E' scandaloso». Replica di Casini: «State sereni, se ci fosse stato qualcosa di riservato non avrei visto Renzi davanti a centinaia di persone. Mai parlato di banche, ma della coalizione». Versione confermata dal segretario dem.