L
Ma se diventa, come è capitato in Germania, una soluzione ricorrente e stabile ne risulta un effetto negativo duplice: da un lato i grandi partiti popolari finiscono per snaturare la loro identità e per somigliarsi sempre più sul piano dei programmi; dall’altro si alimenta chi denuncia la coabitazione tra destra e sinistra come una forma di spartizione del potere a danno dei cittadini. Il risultato complessivamente negativo della Spd rischia di rappresentare la fine delle ambizioni del suo leader Sigmar Gabriel per la corsa alla Cancelleria del 2017. Ma anche la Merkel ne esce oggettivamente indebolita in vista dello stesso appuntamento. Nel Baden-Württemberg, cuore produttivo della Germania e storico insediamento conservatore, la Cdu è il secondo partito per la prima volta nella sua storia.
Julia Klöckner, numero due dei cristiano-democratici, nella Renania-Palatinato non ce l’ha fatta contro Malu Dreyer, la governatrice uscente della Spd: erano date testa a testa ma quest’ultima è prevalsa con il 36% contro il 31%. E se è vero che la Cdu è decisiva per formare le coalizione in tutte e tre le regioni, è vero anche che avrà alla fine un solo governatore (nella Sassonia-Anhalt, la regione meno importante tra quelle in cui s’è votato). Peraltro in quest’ultimo Land, proprio a causa del grande successo della destra nazionalista e antieuropea, per formare un governo regionale sarà necessaria una coalizione a quattro tra Cdu, Spd, Verdi e i Liberali (sempre che questi ultimi ce la facciano a superare la soglia di sbarramento del 5%). Insomma, se questo era un test per la Merkel è andato decisamente male. La sua capacità di rassicurare i tedeschi sembra incrinata, paradossalmente proprio in una fase congiunturale che vede l’economia tedesca in grande crescita grazie all’aumento dei consumi interni. Ma le ansie sociali e le paure collettive, si sa, non dipendono dall’andamento del Pil.
© RIPRODUZIONE RISERVATA