Nel 1962 gli Usa stavano per scatenare una guerra nucleare per errore. Ma un capitano evitò la catastrofe

Nel 1962 gli Usa stavano per scatenare una guerra nucleare per errore. Ma un capitano evitò la catastrofe
di Anna Guaita
4 Minuti di Lettura
Giovedì 29 Ottobre 2015, 21:55 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 18:43
NEW YORK – Quattro missili Cruise, ognuno dei quali con una testata nucleare pari a 60 volte quella sganciata su Hiroshima. Una notte dell’ottobre 1962 furono a un minuto dal lancio. Ognuno di quei Cruise avrebbe causato circa un milione e mezzo di morti e altrettanti feriti. E fu solo il buon senso di un capitano a evitare che venissero davvero lanciati e che il mondo sprofondasse nella Terza Guerra Mondiale. I fatti di quella notte sono stati raccontati in un seminario sul disarmo che si è tenuto alle Nazioni Unite, sotto l’egida della Commissione Disarmo Nucleare, della missione cilena e dell’organizzazione “Sindaci per la Pace”.



Non è la prima volta che scopriamo che la Guerra Fredda ebbe momenti in cui il mondo si trovò a un centimetro dal precipizio, ma fu salvato dall’iniziativa di un singolo individuo. L’Unione Sovietica fu anch’essa a un passo dallo sganciare i suoi missili di lunga gittata nel 1983, e solo grazie al colonnello Stanislav Petrov non avvenne nulla. Il colonnello capì che dei segnali radar che facevano credere che fosse scattato un attacco americano erano sbagliati, e si rifiutò di seguire il protocollo che prevedeva una risposta nucleare.



Allo stesso modo, nel 1962 il capitano William Bassett intuì che nel comando che gli era arrivato c’era qualcosa che non tornava, e prese tempo, e fece domande, e le fece una seconda volta, e salvò il mondo. La sua vicenda però è stata archiviata e immediatamente “dimenticata”, uno dei tanti segreti del Pentagono. E il capitano è morto nel 2011, portandosi la storia nella tomba. E tuttavia, uno degli uomini sotto il suo comando ha deciso di rivelare la verità, dopo aver ricevuto il via libera dall’Aeronautiuca Usa. L’aviere John Bordne, uno degli uomini che aveva il dito sul pulsante di lancio, ha deciso di "dare a Cesare quel che è di Cesare" e sta cercando di ottenere il riconoscimento ufficiale del suo comandante e del suo coraggio.



Bordne, oggi costretto su una sedia a rotelle, ha parlato al seminario Onu via Skype. E lo studioso Aaron Tovish, rappresentante dell’Organizzazione “Mayors for Peace” ed esperto di disarmo ha scritto una lunga ricostruzione dei fatti di quella notte sulla rivista “Bulletin of Atomic Scientists”.



Nell’ottobre del 1962 il mondo seguiva ansiosamente lo scontro fra il giovane presidente John Kennedy e il leader sovietico Nikita Krusciov. Da giorni era in corso un braccio di ferro sul tentativo sovietico di installare missili nucleari nell’isola di Cuba. Tutti pensavano che se una guerra doveva scoppiare, sarebbe scoppiata là. Invece nella lontanissima Okinawa, il capitano Bassett si vide recapitare tre messaggi alfanumerici che presi insieme, uno di seguito all’altro, si traducevano con il comando di far partire i quattro missili sotto il suo controllo.



Bordne ha ricordato il silenzio che cadde nella base, l’ansia che catturò tutti, l’incertezza, e i dubbi che Bassett espresse: come mai quei numeri gli erano stati comunicati senza alcuna inflessione ansiosa nella voce? Possibile che venisse ordinato l’inizio della guerra nucleare senza neanche un tremito della voce? E ancora: come mai solo uno dei quattro missili era destinato all’Unione Sovietica? Perché si volevano colpire Paesi che non erano parte dello scontro in corso davanti a Cuba?



Bassett confidò ai propri uomini anche un altro dubbio: le basi militari americane erano tutte a Defcon2, non a Defcon1. I termini stanno per “Defence Readiness Condition”, lo stato di allerta in cui una base deve trovarsi a seconda della gravità della situazione. Solo Defcon1 significa “gravità nucleare”. Ma nessuno aveva dato l’ordine di passare da Defcon2 a 1.



Bordne rivela che Bassett cercò una via di compromesso, comandò di aprire solo uno spiraglio dello sportello dell’unico missile destinato all’Urss, e di tenere gli altri tre chiusi. Uno dei sottufficiali rifiuta di obbedirgli, convinto che la guerra sia scoppiata e Bassett non abbia l’autorità di fermarla. Ma il capitano gli mette a fianco due uomini armati. Una decisione che può portarlo alla corte marziale. E nel frattempo chiama alla radio il MOC (Missile Operation Center), sostenendo di non aver ben capito i tre comandi e di aver bisogno di sentirseli ripetere. Riceve conferma degli ordini.



Sgomento generale. E rinnovata discussione: è forse possibile che ci sia stato un attacco nucleare sovietico e il passaggio a Defcon1 non sia arrivato per disturbi alle linee? E Bassett allora decide di chiamare di nuovo, ponendo questa volta una singola domanda diretta: Quando ci avete ordinato di passare a Defcon1?



E’ solo allora che al MOC esplode il panico. Solo allora ci si rende conto che per motivi inspiegabili erano stati comunicati, uno dopo l’altro, i tre messaggi alfanumetici che chiedevano il lancio dei quattro cruise. Frenetici – e questa volta l’ansia nella voce è palpabile – arrivano i comandi di “stand down”, cioé fare marcia indietro.



Da quel momento in poi, un velo di silenzio cade sui fatti della notte del 27 ottobre 1962. Sappiamo solo che il maggiore che aveva mandato i tre messaggi di lancio è stato sottoposto a corte marziale e obbligato al pensionamento anticipato. Tutto il personale presente quella notte è stato chiamato a testimoniare, ma sotto giuramento e con l’obbligo di non riferire nulla di quel che era successo.



Ora però Bordne ha deciso di parlare. Ma può solo fornire la ricostruzione dei fatti di cui è stato diretto testimone. Dunque vari esperti nucleari, insieme ai membri della Commissione Disarmo dell’Onu, chiedono al Pentagono di togliere il top-secret dai fatti di quella notte e spiegare perché il maggiore agì in quel modo. Fu tradimento? Errore? Incompetenza? E soprattutto: cosa è stato fatto perché crisi simili non avvengano più?