Turchia, 37 morti ad Ankara. Un kamikaze è un'ex studentessa

Turchia, 37 morti ad Ankara. Un kamikaze è un'ex studentessa
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Lunedì 14 Marzo 2016, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 12:38

Una dei due kamikaze che ieri hanno compiuto l'attacco con un'autobomba nella capitale turca Ankara, uccidendo almeno 37 persone, è l'ex studentessa universitaria turca Seher Cagla Demir, che si sarebbe unita al Pkk curdo nel 2013. È quanto scrive il quotidiano Sozcu, citando fonti vicine alle indagini.


La donna sarebbe stata identificata attraverso le impronte digitali e alcune parti del suo corpo, rimaste riconoscibili nonostante l'esplosione. Le stesse fonti indicano che l'attacco è stato compiuto con una Bmw bianca del 1995 carica di tritolo. La donna sarebbe stata una studentessa dell'università di Balikesir, nella Turchia nordoccidentale, già finita sotto processo con altre 4 compagne - tra cui 3 sorelle - con l'accusa di far parte del Pkk, considerato un'organizzazione terroristica. Il processo era stato aggiornato nel dicembre scorso in attesa della sentenza.

L'esplosione è avvenuta tra il parco Guven, molto frequentato, e il boulevard Ataturk, arteria centrale del traffico della capitale turca. A poca distanza, i ministeri della Giustizia e dell'Educazione e gli uffici del primo ministro Ahmet Davutoglu. Solo due giorni fa, l'ambasciata americana ad Ankara aveva inviato un messaggio di allerta ai suoi cittadini.

Un nuovo attacco al cuore della capitale turca che ancora una volta mette a nudo la fragilità di un Paese che pare sotto assedio. Solo ad Ankara, è il terzo attentato suicida con decine di morti in 5 mesi. Le modalità di quest'ultima azione ricordano da vicino quelle dell'autobomba del 17 febbraio scorso, che aveva provocato 29 morti, prendendo però di mira mezzi militari. Stavolta, invece, a essere colpita è stata una zona piena di civili.

Il premier Davutoglu ha subito convocato una riunione urgente di sicurezza nazionale con il Capo di Stato maggiore, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan, che si trovava a Istanbul, ha deciso di rientrare con urgenza nella capitale. Dopo l'attacco di ottobre alla stazione di Ankara, attribuito dal governo all'Isis come quello del 12 gennaio a Istanbul, per l'autobomba del mese scorso le autorità avevano puntato il dito contro i curdi del Pkk attivi in Turchia e quelli siriani del Pyd, nonostante una successiva rivendicazione del gruppo estremista curdo Tak. L'attacco avviene mentre la Turchia è impegnata in conflitti su diversi fronti, dentro e fuori i suoi confini. Nel sud-est del Paese, le operazioni contro il Pkk hanno causato in questi mesi centinaia di morti, con decine di coprifuochi in vigore per mesi nei centri urbani.

Una guerra intestina che ha spinto i gruppi curdi più radicali - come appunto il Tak - a minacciare rappresaglie nel resto della Turchia. Il partito filo-curdo Hdp, presente in Parlamento, ha subito condannato l'attacco. Il fronte siriano, con le infiltrazioni dell'Isis, rappresenta l'altra grande spina nel fianco del governo di Ankara, pur accusato da più parti di aver collaborato con i jihadisti. Intanto, l'autorità radiotelevisiva ha subito imposto una censura ai media - come avviene regolarmente in Turchia in caso di attentati - vietando la pubblicazione delle immagini dal luogo dell'esplosione. Fortemente rallentati anche i principali social network, dove invece da subito sono circolate foto e video dell'attacco.

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