Tunisi, talpa jihadista nell'ambasciata italiana

di Sara Menafra
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Sabato 7 Aprile 2018, 08:25
La rete che ha aiutato Anis Amri a procurarsi dei documenti falsi in vista dell'attentato del Natale 2016 a Berlino poteva contare anche su una talpa nell'ambasciata italiana a Tunisi. Un soggetto che fabbricava visti per l'ingresso in Italia «previo compenso in denaro, favorirebbe il rilascio dei visti di ingresso per l'Italia», scrive la Digos di Napoli negli atti allegati all'inchiesta che due settimane fa ha portato all'arresto di cinque persone. Documenti per gente di ogni tipo ma, è il sospetto degli inquirenti, anche per aspiranti terroristi visto che un presunto «trafficante di armi affilato all'Isis», poi arrestato, avrebbe chiesto sempre a loro l'acquisto di un kalashnikov.

IL TARIFFARIO
È il presunto capo dell'organizzazione di falsari, Akram Baazaoui, residente a Napoli, a confidarsi con il cognato in Tunisia a proposito del soggetto «probabilmente impiegato» nella sede diplomatica e del «grande giro di clientela che loro due gestiscono riguardo l'effettuazione/rilascio di visti di ingresso in Italia per cittadini tunisini a pagamento»: «Ci vogliono 4000/4.200 euro per ottenere facili visti d'ingresso presso l'ambasciata italiana a Tunisi», dicono al telefono.

L'ATTENTATO A SORRENTO
Il gruppo di Akram Baazaoui aiuta ad attraversare l'Europa, persone di ogni genere, ma in più di un caso avrebbe sostenuto aspiranti jihadisti. Indirettamente collegato alla presunta associazione per delinquere è Abdel Salem Napulsi, assistito dall'avvocato Domenico Naccari, arrestato perché avrebbe provato a procurarsi armi per compiere un attentato ma che per il momento ha sempre rifiutato di spiegare la propria versione dei fatti. E alla porta di Baazaoui e dei tre «cugini» ha bussato anche un nome noto all'antiterrorismo di tutta Europa, Ehsan Aziz. Arrestato nel marzo del 2016 perché accusato di tentata aggressione nei confronti di una donna svizzera, e di «contatti con dei terroristi» in Belgio e Francia, Aziz, iracheno del 1970 si sarebbe rivolto alla medesima rete per «acquistare armi da guerra del tipo kalashnikov» mentre si trovava nella penisola sorrentina. L'iracheno «aveva tentato, anche in Belgio, di acquistare armi da fuoco».

QUATTRO MILIONI PER LE ARMI
Sulla base delle segnalazioni arrivate da Bruxelles e Ginevra, Aziz è stato arrestato il 22 marzo 2016 mentre si trovava in un'agenzia immobiliare di Sorrento dove stava, a suo dire, «trattando l'acquisto di ville a nome di facoltosi arabi». Le intercettazioni diranno poi che nei giorni precedenti aveva visitato Baazaoui a Napoli per comprare «fucili d'assalto tipo kalashnikov»: «In tale ambito non può non tenersi conto della singolare circostanza della ricerca di immobili da acquistare a Sorrento da parte dell'Aziz, cittadina che da qualche tempo è entrata nel circuito di visita da parte di tour operator che accompagnano spesso turisti di origini ebraiche», scrivono gli investigatori. L'Antiterrorismo pensa che sia «un trafficante di'armi per i gruppi terroristici attivi in Europa affiliati all'Isis», perché tra i suoi documenti è stato trovato anche una ricevuta bancaria per l'accredito a suo nome di quattro milioni di euro. L'emittente è indicato come «United nation». Insomma, quella di Baazoui è una rete affidabile per gli jihadisti. Quando va da loro su consiglio dell'amico di Latina, Amri si sente sicuro. Dicono le indagini coordinate dal pm di Roma, Sergio Colaiocco, preparò tutto già a maggio del 2016. Sette mesi prima dell'attentato.

 
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