Isis, strage a Tunisi, il sopravvissuto: così hanno ucciso quelle donne sul mio bus

Isis, strage a Tunisi, il sopravvissuto: così hanno ucciso quelle donne sul mio bus
di Luca Bussi
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Giovedì 19 Marzo 2015, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 13:23
ROMA - «Abbiamo sentito dei colpi. Sembravano dei fuochi d'artificio. Poi i vetri sono andati in frantumi e allora abbiamo capito che ci stavano sparando addosso. Ci siamo tutti buttati per terra. E' stato l'inferno. Due donne che erano sul mio pullman sono state uccise». Alfonso, 40 anni, è uno dei turisti scampati alla strage a Tunisi. Partito da Roma, la sua città, insieme alla moglie per una crociera nel Mediterraneo: è il regalo di compleanno della compagna. Ieri avrebbe dovuto trascorrere una tranquilla giornata tra i mosaici romani e le altre opere d'arte conservate al museo del Bardo. Mentre era steso per terra, dentro al pullman, facendo scudo alla moglie con il corpo, due compagni di viaggio venivano crivellati di colpi dai terroristi. Due donne che poco prima erano sedute vicino a lui.

Sono passate da poco le 12,30. Il pullman che aveva preso gli italiani appena sbarcati a Tunisi si ferma davanti all'entrata del museo. A bordo ci sono una trentina di persone, per lo più coppie. Si stanno preparando per scendere quando scoppia il finimondo. I primi che sono usciti dal pullman sono stati i primi a cadere sotto i colpi dei kalashnikov. «Non abbiamo capito subito che erano colpi di arma da fuoco», racconta Alfonso dalla nave della Costa Crociere dove ieri sera sono stati riportati e messi in sicurezza dall'esercito tunisino. E' sotto choc, quasi non si rende conto di quanto è ralmente successo. Al telefonino non smette di raccontare. Ha bisogno di parlare. «Quando ho capito cosa stava succedendo - continua - ho spinto mia moglie per terra e mi sono gettato giù con lei. A bordo era il panico. Urlavano tutti, i vetri ci cadevano addosso e sentivamo i colpi di mitra che non finivano più».



L'AGGUATO

Fuori uno dei terroristi, in mimetica militare, impugna il kalashnikov e fa fuoco contro la fiancata del pullman. La gente, per la maggiorparte turisti e guide, scappa terrorizzata cercando riparo tra le auto e gli altri bus parcheggiati. «Due donne che sedevano davanti a me e mia moglie - continua Alfonso - sono state colpite appena scese dal bus. Sono morte. Accanto a me un altro passeggero è stato ferito a una mano. Eravamo tutti terrorizzati».



Davanti al museo è il finimondo. Interviene la polizia. Il terrorista smette di sparare contro il pullman. Scappa. Ha dei complici. Insieme si precipitano dentro al museo dove prendono in ostaggio decine di turisti e ne uccidono alcuni. Alfonso e la moglie restano impietriti sul fondo del pullman insieme agli altri passeggeri. I colpi di mitra si fanno sempre più lontani. Ma nessuno ha il coraggio di alzare la testa per vedere cosa sta accadendo fuori. «Avevamo paura di essere colpiti. Io ero per terra, sopra mia moglie. Non riuscivo a vedere nulla. Sembrava non finisse mai. Poi il rumore dei colpi si è fatto sempre più debole. E sono arrivati i militari dell'esercito tunisino. Per le due donne purtroppo non c'è stato nula da fare. I soldati poi, uno alla volta, ci hanno fatto scendere e ci hanno portato in salvo. Man mano che ci allontanavamo sentivamo gli spari provenire dal museo. Una signora del nostro gruppo era lì dentro. Si è salvata nascondendosi dietro una porta. Ha visto morire diverse persone senza poter far nulla, altrimenti l'avrebbero uccisa».



L'attentato dura in tutto circa tre ore. Alle 16 entrano in azione le teste di cuoio tunisine. Alfono e la moglie sono già al sicuro in una caserma. Due attentatori vengono uccisi, gli altri fuggono. Altre venti persone perdono la vita. Alle 17,30 i turisti italiani vengono riportati sulla Costa Crociere scortati dai militari. «Il comandante ci ha detto che non si sa quando ripartiremo. Ma non importa. Siamo vivi».