Anna e Alberto, ebrei di Trastevere scampati per un soffio al massacro

di Laura Bogliolo
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Giovedì 19 Marzo 2015, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 08:41
ROMA - «Ariel aiuto, non so dov'è tuo padre». È il grido di aiuto disperato di Anna Di Porto, 60 anni, romana di Trastevere riuscita a fuggire dal museo prima che i terroristi prendessero ostaggi. Ha subito telefonato al figlio Ariel Di Porto, rabbino capo della Comunità ebraica di Torino. «Abbiamo sentito gli spari, le forze di sicurezza gridavano “via, via, tutti, fuori” e siamo fuggiti dal museo» ha detto Anna figlio con un'unica preoccupazione nel cuore: avvertire la famiglia in Italia per dire che erano scampati alla strage, che erano ancora vivi.

«Papà è inciampato e si è fatto male a una gamba - ha proseguito Anna nel racconto - l'hanno messo su una barella ma è caduto. Sono stata scortata in un'area di sicurezza, non so in quale ospedale sia tuo padre, aiutaci». Anna e Alberto Di Porto, 71 anni, si trovavano a bordo della nave Costa, poi sono scesi per una escursione.



LA PAURA

Di Porto, ora in pensione, è stato agente di commercio nel settore delle piastrelle, è un appassionato della cultura ebraica e di libri antichi e appartiene a una delle famiglie ebraiche romane più antiche.



«Siamo sotto choc, sono riuscita a sentire mia madre per pochi minuti, la linea cade, credo mi stia chiamando da un numero tunisino - racconta Daniela, l'altra figlia della coppia rinchiusa nella casa di famiglia a Trastevere - non sappiamo neanche in quale ospedale si trovi mio padre e non so perché lo trattengano». Di Porto, cardiopatico, è stato trattenuto per diverse ore in ospedale per accertamenti. «Era il loro sogno andare in crociera - racconta Daniela - si sono fatti un regalo, erano entusiasti prima di partire e invece hanno rischiato di morire, mia madre è disperata perché non riesce a ritrovare papà».

«Adesso ogni mio sforzo è di riportarli al più presto a casa» dice Ariel. Solo a tarda serata Anna e Alberto si ritroveranno. Di nuovo insieme, di nuovo sulla nave, in attesa di riabbracciare i figli.