Trattati di Roma, quei 27 così diversi ma ancora insieme

Trattati di Roma, quei 27 così diversi ma ancora insieme
di Mario Ajello
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Domenica 26 Marzo 2017, 09:58
Non una festa festosa. Non è il momento. Semmai, un anniversario preoccupato, per le sorti europee, cioè realista. La foto di gruppo, alla fine della mattinata, è l'immagine di un gruppo che è attraversato da diversità e divisioni ma sa che è legato da un destino comune. Quello dell'ultimo appello per l'Europa. Ecco il presidente della Ue (cerchiato con il numero 15 nella grande foto), Jean-Claude Juncker. E' arrivato sulla piazza del Campidoglio, claudicante, per un dolore all'anca che lo tormenta da tempo. E c'è chi crede di intravedere, in quel passo affaticato, lo stato di salute del continente. Ma subito si riprende Juncker, e diventa uno dei protagonisti della giornata che è stata una bella giornata. Quando le cose sembrano andare per le lunghe, lui esclama dal palco della sala degli Orazi e dei Curiazi: «Ho fame». E si va tutti a pranzo da Mattarella (numero 24 nella foto).

Lo scatto qui sopra ritrae, nei visi di molti protagonisti, un'Europa non arcigna, non matrigna, che si sente fragile ma ancora piena di potenzialità. E che mette in scena se stessa senza grandi paramenti di potere. A parte il vestitone nero a maniche lunghe e di lana spessa, da antica principessa baltica, che sfoggia la presidentessa della Lituania, Dalla Grybauskaide (23), e che la fa sudare maledettamente. Affianco di tutti quelli, tra i 27 leader, che guardano sul telefonino la foto dell'incontro tra Marine Le Pen e Vladimir Putin. E molti di loro non ne pensano affatto bene. La coppia dei polacchi, il presidente del Consiglio europeo Tusk (1), e la premier Beata Szydlo (12), non fanno che ostentare la distanza che li separa. Lei, in giacca gialla e pantaloni neri, un completo che pare rubato alla Merkel (28) che ha optato per il color panna, non vuole Tusk in cima all'Europa e non vuole questa Europa al punto che solo alla fine ha deciso di firmare la Dichiarazione di Roma. E lo fa, quando va nel podietto, prendendosi una pausa spettacolare - quasi che volesse rimettersi la penna in tasca o lanciarla nella sala - poi sigla il suo nome. E apre l braccia, come a dire: mi è toccato. L'applauso per lei è meno sonoro dell'applauso per altri. Tsipras (5), l'altro poco convinto, invece ostenta simpatia sempre senza cravatta («La indosserò soltanto quando la crisi del debito greco sarà risolta») e sembra quello più ciarliero. Sta facendo lobbing per assicurarsi il nuovo salvataggio europeo per Atene. Anche con la Raggi, che accoglie tutti sull'uscio del Palazzo dei Conservatori e qualcuno nella fretta quasi la travolge entrando mentre la Merkel la riconosce solo quando le sta quasi sui piedi («Lei è la sindaca, presumo...»), Alexis il Rosso (sbiadito) è quello che si intrattiene di più. Gemellaggio, di lotta e di governo, Campidoglio-Partenone?

LA FILOSOFIA DI GADAMER
Occhio a Xavier Bettel (2), premier lussemburghese, è uno dei più trendy. Quando poi andrà a pranzo al Quirinale, si avvicina a Mattarella e gli presenta un bel signore: «Ecco mio marito». Il filosofo Gadamer, molto citato ieri, commenterebbe la scena con una sua frase storica: «Il privilegio dell'Europa è nel fatto che ha imparato a convivere con tutte le diversità». Intanto hanno firmato tutti. E quasi tutti, a cerimonia conclusa, si avvicinano al leggio e scattano foto e filmini al documento storico. Non siamo al selfie formato statisti, ma quasi. La Merkel fa notare a Rajoy (30) e ad altri, scherzosamente, quanto sia enorme la firma appena messa dal presidente di Cipro, Nicos Anastasiades (22). «Copre quella di Hollande» (25), dice Frau Angela. E poi rivolta al presidente francese: «Tanto non ti offendi, vero?». Hollande risponde con un sorriso. Ma si vede che è in uscita lo statista francese. Sta sempre appiccicato a Merkel come per implorarla ad ogni passo: «E' vero che non vincerà la Le Pen? Dimmi che è vero...». Altra coppia, questa volta super di sinistra: Tsipras e Costa, premier portoghese. Con metà del cuore sarebbero pronti a stare in piazza con i cortei eurocritici. Juncker intanto ha trovato il suo ritmo («Si cura il male all'anca con il gin?», maligna qualcuno) e avverte: «Ho con me la penna che fu usata per i Trattati di Roma e firmo con quella». Lo fa. Poi si porta via, fingendo di rubarla, la penna ufficiale e la passa a Gentiloni (27): che firma a sua volta.

L'EROE
Il presidente Tajani (16), durante tutto l'evento, mantiene sempre un aplomb istituzionale impeccabile (e sfoggia una bella citazione dell'imperatore Traiano). Così anche Tusk che però rivolto a Muscat (20) il maltese usa un'immagine pulp: «Se rimaniamo dove stiamo, l'Europa va incontro a una morte lenta e dolorosa». Mentre il premier austriaco Kern (3) va incontro ai giornalisti del suo Paese, a inizio cerimonia, e quasi si tuffa simpaticamente su di loro. Poi si accorge che sta facendo sballare i tempi del cerimoniale e torna nei ranghi. Dove l'eroe, ricercato e complimentato da tutti, è Mark Rutte (29), premier olandese che non sarà Adenauer ma ha appena battuto l'estremismo populista alle elezioni. E guarda caso, nella grande foto opportunity, sta al lato opposto rispetto a quello di Orban (19), l'ungherese che erige i muri anti-immigrati, il quale prima e dopo il clic si è mosso per tutta la giornata come un caporalmaggiore, fiero della sua mascella volitiva. Due facce dell'Europa. Che ora stanno nelle stessa foto, ma c'è il rischio - tra elezioni francesi e tutto il resto - che questa foto possa non durare.

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