Via il capo dell’esercito/ Svolta Macron: da europeista a bonapartista con la sciabola

di Marina Valensise
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Giovedì 20 Luglio 2017, 00:13
Voleva essere un presidente come Giove? E come Giove, padre degli dei, e re dell’Olimpo, il presidente francese Emmanuel Macron ha iniziato a scagliare i primi fulmini contro i suoi avversari. Nel giro di pochi giorni, ha prima messo in riga, poi umiliato e infine costretto alle dimissioni il capo di stato maggiore degli eserciti di mare, di terra e di aria. Fatto senza precedenti nella recente storia francese, almeno dai tempi della guerra d’Algeria. Al posto del generale Pierre de Villiers, che ha preferito uscire di scena anziché accettare 850 milioni di tagli sul bilancio di un ministero chiave come la Difesa, la cui ordinaria amministrazione necessita, a dir suo, una somma pari al 130 per cento dei fondi in bilancio, il presidente Macron, spiazzando tutti, ha nominato il capo di gabinetto militare del primo ministro Edouard Philippe, François Lecointre, un giovane generale di brigata che con due sole stellette, anziché cinque, si ritrova alla testa dei tre eserciti, pur avendo dato prova di grande esperienza sul campo, durante la guerra in Bosnia.

Così, con questa prima mossa brutale, l’olimpico Macron, presidente liberale ma anche autoritario, ha aderito in pieno allo stile bonapartista intrinseco al suo modo di essere, non senza suscitare un generale allarme. A destra e sinistra, infatti, sono in molti a parlare di “inutile umiliazione”, a sottolineare l’ “errore politico”, a chiedersi chi mai oserà, dopo un simile precedente, mettere in discussione una decisione del presidente e aprire un contraddittorio, cosa normale in democrazia. E intanto dall’opposizione, il leader della “Francia ribelle” Jean-Luc Mélenchon non ha perso l’occasione per denunciare nel suo blog “la violenza della lavata di capo” inferta dal capo dello stato e le possibili conseguenze ferali per la democrazia….

Come mai si è arrivati a tanto? “Se qualcosa oppone il capo di stato maggiore degli eserciti al presidente della Repubblica, il capo di stato maggiore degli eserciti cambia”, aveva detto Macron in un’intervista uscita domenica scorsa, insistendo sulla catena di comando e sul rispetto della gerarchia, necessario tanto alla Repubblica che all’esercito. Il fatto è che il generale de Villers, alla vigilia del 14 luglio si era lamentato dei tagli sia col presidente sia davanti alla commissione Difesa dell’Assemblea nazionale. Non pago, dopo l’apparente armistizio il giorno della sfilata, quando era comparso a fianco del capo dello stato per la rassegna delle truppe, aveva osato pubblicare sulla sua pagina Facebook uno sfogo personale: “Ognuno ha le proprie carenze, ma nessuno merita di essere seguito alla cieca”. Macron, che pure appena un mese fa gli aveva confermato l’incarico, non ha perso tempo e l’ha messo in riga. 

Il messaggio è chiaro: in un paese come la Francia dove la spesa pubblica drena ogni anno il 56 per cento del pil, contenere il deficit è un’assoluta priorità per chi come Macron, dopo l’estate, vuole avere le carte in regola per rilanciare l’Unione europea e riscrivere i trattati. Dunque, bisogna imporla a cominciare dall’esercito, che per tradizione obbedisce in silenzio, anche se i tagli contraddicono la promessa di portare il bilancio della Difesa al 2 per cento del Pil entro il 2025. 

D’altra parte che Macron presidente bonapartista abbia una vocazione sovranista, e addirittura gollista, come ultimo esponente della “grandeur” ritrovata e della “France d’abord”, è un fatto ormai evidente, che rifulge anche in altre sue scelte. Pensiamo alla decisione di rivedere l’accordo siglato durante la presidenza Hollande per l’acquisto dei cantieri navali di Saint Nazaire da parte di Fincantieri, al fine di evitare che la maggioranza di questo fiore all’occhiella dell’industria francese passi in mano straniera, e nella fattispecie italiana. Per non parlare delle ultime sue esternazioni sui migranti, col distinguo strategico tra i rifugiati politici i quali, nella patria universale dei diritti dell’uomo, meritano certamente asilo e assistenza, mentre i poveri disperati per motivi economici, mossi solo dalla fame e dalla miseria, vanno respinti alle frontiere e ricacciati in Italia dove sono approdati, con buona pace per i confini dell’Unione europea, che pure si vuole rifondare, e che nel Mediterraneo coincidono con nostre coste.

Il fatto è che alle prese con l’esercizio del potere, dopo la conquista a spron battuto dell’ Eliseo e di una maggioranza assoluta in parlamento, il presidente francese che respira nella sue gesta il precedente bonapartista insieme con quello gollista, che è tentato di combinare autocrazia e nazionalismo, che si professa liberale ma anche autoritario, europeista, ma anche nazionalista, cosmopolita ma anche sovranista, che vuole la globalizzazione ma anche il protezionismo, ed è pure pronto a umiliare senza riguardo subordinati e collaboratori, dovrà forse imparare a governare se stesso, per affrontare le sfide che l’attendono e lavorare di concerto coi partner europei che l’aspettano al guado. 
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