Tra hip-hop, Enrique Iglesias e Cristiano Ronaldo. È tra interessi condivisi con tanti ventenni in giro per il mondo che si colloca la “passione” di Seifedinne Rezgui per il sedicente Stato Islamico.
Il 23enne studente tunisino, responsabile della strage sulla spiaggia di Susa e ucciso dalle forze di polizia intervenute sul posto, come tanti altri “lupi solitari” e foreign fighters preferiva la musica, il calcio e gli amici ai lunghi sermoni delle moschee.
l ragazzo della porta accanto, così lo descrivono i parenti intervistati dal quotidiano britannico The Telegraph, e che dicono di essere rimasti “devastati” dal ruolo giocato dallo studente (non particolarmente brillante) della facoltà di ingegneria dell’Università di Kairouan.
“Gli piaceva mettere il gel sui capelli, indossare vestiti alla moda e partecipare alle competizioni di breakdance” racconta lo zio Ali Al-Rezgui.
E il “lato oscuro della forza” sembrerebbe aver conquistato Seifedinne Rezgui più attraverso l’immaginario, costruito apposta per ragazzi come lui, dalla propaganda dello Stato Islamico che non dai discorsi delle moschee o dalla reale volontà di immolarsi per una causa religiosa. Sui suoi diversi canali social il giovane esaltava le gesta dell’autoproclamato Stato Islamico e di quegli uomini che gli apparivano come “eroi” coerenti con il suo olimpo di riferimento, così distante dalla tradizionale impostazione religiosa che gli stessi membri di Is dicono di voler difendere. “Se l'amore per il jihad è un crimine, allora il mondo vedrà che sono un criminale”, scriveva nei mesi scorsi Seifedinne in un post di Facebook riportato dalla stampa tunisina. Ma era più l’aspetto da “gangsta” degli uomini del Califfato, così suggestivamente creato dalla propaganda di Al-Hayat, che non il reale contenuto religioso ad affascinarlo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano tunisino Al-Chourouk, nel 2014 il giovane avrebbe fatto parte di una cellula estremista universitaria, responsabile di minacce e attacchi nei confronti di studenti moderati e membri dei sindacati, attiva anche nel settore del reclutamento. Ciononostante il giovane non sarebbe mai stato identificato direttamente dalla polizia tunisina prima dell’attentato dei giorni scorsi.
Un’identità confusa quella di Seifedinne Rezgui, il ragazzo che in nome dello Stato Islamico ha colpito al cuore il turismo, risorsa economica principale del suo paese natio e che, solo qualche mese fa, sventolava sui social media la bandiera della nazionale tunisina impegnata nella Coppa d’Africa.