Siria, Trump vuole punire Assad: il Pentagono valuta i raid. Erdogan: il regime siriano pagherà

Siria, Trump vuole punire Assad: il Pentagono valuta i raid. Erdogan: il regime siriano pagherà
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Giovedì 6 Aprile 2017, 18:17 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 04:03

La svolta di Donald Trump sulla Siria è sempre più vicina. Ed è una svolta che potrebbe partire da un'azione militare punitiva contro il regime di Assad. Una vera e propria rappresaglia dopo lo shock del terribile attacco con armi chimiche al villaggio di Khan Sheikhoun e la strage di bambini. «Qualcosa accadrà», ha affermato il presidente americano, che ha ribadito anche la volontà di agire da solo contro la Corea del Nord se la Cina non interverrà. E ha spiegato che presto parlerà col presidente russo Vladimir Putin per fare il punto. Intanto il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, parla della necessità di una «risposta seria» in Siria e di «sforzi in corso da parte della coalizione internazionale per rimuovere dal potere Bashar al Assad».

Questo mentre da Mosca si continua a parlare di «accuse inaccettabili». Anche se sembrerebbero arrivare i primi timidi segnali di una presa di distanza nei confronti di Damasco: «Il nostro sostegno ad Assad non è incondizionato», ha detto il portavoce di Vladimir Putin, dopo che la Russia ha fatto fallire all'Onu il varo di una risoluzione di condanna del dittatore siriano. Un episodio che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha definito «vergognoso».

È stato lo stesso presidente americano - secondo quanto riporta la Cnn - a svelare ad alcuni membri del Congresso di aver chiesto al Pentagono di valutare l'opzione di un intervento contro obiettivi del governo di Damasco. Del resto il tycoon, visibilmente scosso nel corso della conferenza stampa con il re di Giordania, lo aveva detto chiaramente: dopo quelle sconvolgenti immagini di bambini uccisi da una morte silenziosa, quella provocata dai gas, nulla può essere più come prima. Almeno 30 le piccole vittime su un totale di circa 80 morti: un bilancio inaccettabile, che per Trump non può restare impunito.

La decisione è dunque ora nelle mani del segretario alla Difesa, l'ex generale James Mattis, che insieme al capo di Stato maggiore delle forze armate Usa Joseph Dunford, dovrà valutare tutti i pro e i contro di un'eventuale escalation. A partire dalle possibili reazioni di Mosca e Teheran, finora gli alleati più vicini a Damasco.

Il rischio è immenso: quello di trasformare la drammatica guerra civile siriana in una vera e propria guerra a livello regionale, con Stati Uniti e Russia schierati su fronti opposti. Un caos che metterebbe a repentaglio anche la lotta contro l'Isis, con Washington e Mosca che finora, seppur tra mille divisioni, hanno agito insieme contro i jihadisti in Siria.

Nei cassetti del Pentagono da tempo (fin dall'amministrazione Obama) ci sono piani che prevedono ogni tipo di intervento militare americano in Siria. Anche quello di bombardare i siti dove si ritiene Assad possa produrre e nascondere il suo arsenale chimico. Ora alcune di queste opzioni sono state rispolverate e indirizzate direttamente sulla scrivania dello Studio Ovale per l'ok del Commander in chief.

Del resto, soprattutto dal fronte repubblicano, salgono le pressioni per un'azione militare. E in una dichiarazione congiunta i senatori John McCain e Lindsay Graham chiedono esplicitamente l'intervento di una forza internazionale per colpire l'aviazione di Assad ed evitare così nuovi raid tossici dal cielo. La portaerei George H.W. Bush è già nel Golfo Persico pronta ad entrare in azione.

Intanto è violentissima la reazione che arriva da Ankara, che oggi ha confermato l'uso del sarin dopo i risultati delle autopsie di tre vittime dell'attacco a Idlib, morte dopo il ricovero in Turchia. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito Assad un assassino: 
«Con le armi chimiche, quell'assassino di Assad ha ucciso 150 civili. Allah li vendicherà. Anche noi faremo la nostra parte», ha detto durante un comizio Erdogan, indicando un bilancio di vittime dell'attacco su Idlib quasi doppio rispetto a quello accertato finora. 


 

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