Sono i numeri con cui fanno i conti le vittime del regime di Assad e della sua “politica dello sterminio”. A pochi giorni dalla giornata della memoria, la cronaca si riempie di fatti e testimonianze che denunciano la “campagna delle atrocità”. Amnesty International ha stilato un rapporto intervistando 31 uomini imprigionati proprio a Saydnaya, 4 funzionari della struttura, 3 ex giudici siriani, 3 dottori che hanno prestato servizio presso l’ospedale militare di Tishreen, 4 avvocati, 17 esperti di detenzione siriana e 22 parenti di prigionieri che sono stati (o sono ancora) reclusi a Saydnaya. Dalle loro parole sono emerse le torture e le sparizioni perpetrate dal 2011: ogni settimana circa 50 detenuti venivano prelevati dalle celle per essere picchiati e «impiccati di notte in totale segretezza». Si tratta per lo più di civili visti come oppositori del governo. «Li lasciano appesi da 10 a 15 minuti. Per quanto riguarda i più giovani, quando il loro peso non è sufficiente per farli morire, intervengono gli assistenti del boia che li tirano verso il basso finché non gli si spezza il collo», ha raccontato un ex giudice che ha assistito alle esecuzioni.
Questo è l’appello di Amnesty che, on line, ha lanciato una petizione da firmare: «Le violazioni registrate a Saydnaya costituiscono crimini contro l’umanità e devono essere perseguiti. Il governo siriano deve lasciar entrare osservatori indipendenti per indagare nei brutali centri di detenzione della Siria. Invia ora una e-mail e chiedi alla Russia e agli Stati Uniti di usare la loro influenza globale per assicurare che osservatori indipendenti siano autorizzati ad avviare indagini sulle condizioni nelle carceri della tortura in Siria».
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