Lo scenario/ La scelta Usa e i nostri confini nella missione

di Alessandro Orsini
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Mercoledì 3 Agosto 2016, 00:29

Bombardando l’Isis a Sirte, gli Stati Uniti assumono la guida politica in Libia, pur trattandosi di un Paese che la Casa Bianca non considera di vitale importanza per gli interessi americani. Le domande sono due: perché Obama, dopo essersi defilato in Libia, cambia strategia, e quali saranno i rischi per l’Italia? La risposta alla prima domanda è semplice. Obama interviene, in ritardo e controvoglia, perché il disimpegno di inglesi e francesi ha favorito, indirettamente, l’ascesa dell’Isis a Sirte. E siccome l’Isis, ovunque si trovi, rappresenta una minaccia per gli interessi vitali degli americani, la Libia è diventata una priorità per la Casa Bianca.
Obama, dopo avere paragonato il comportamento politico di inglesi e francesi a quello di due “scrocconi”, che prendono molto e danno poco, ha provato ad affidare all’Italia il compito di guidare una missione in Libia, sotto l’egida dell’Onu. Il problema è che l’Italia, pur essendo politicamente affidabile, è un Paese con una fortissima vocazione pacifista. E, così, gli Stati Uniti si sono trovati in una situazione che è facile descrivere. Da una parte, gli inglesi e i francesi, affidabili militarmente, ma non politicamente. Dall’altra parte, gli italiani, affidabili politicamente, ma non militarmente.
 
La conseguenza è che gli americani stanno bombardando le postazioni dell’Isis a Sirte.
E qui veniamo ai rischi per l’Italia, a cui gli americani chiedono di rendere disponibile la base militare di Sigonella, per rendere più efficaci i bombardamenti contro l’Isis. Occorre chiarire che la richiesta della Casa Bianca nasce da una valutazione economica e non da un ragionamento politico. Obama ha spiegato, più volte, che la spesa pubblica per i bombardamenti aerei contro l’Isis è elevata e ricade sui cittadini americani. Se gli aerei Usa, che stanno bombardando Sirte, continueranno a decollare dalla Giordania, come accade in queste ore, i costi per il carburante saranno relativamente alti. Se decolleranno dalla base di Sigonella, che si trova in Sicilia, saranno relativamente bassi.
Per prevedere quale potrebbe essere la reazione dell’Isis nei confronti dell’Italia, se autorizzasse (com’è ormai assodato) i decolli da Sigonella, dobbiamo osservare la reazione dell’Isis nei confronti della Turchia e della Germania che si sono trovate in una situazione simile a quella dell’Italia. Il 23 luglio 2015, la Turchia consentiva agli aerei americani di decollare dalla base di Incirlik e, ad agosto, aderiva alla coalizione americana, iniziando a bombardare l’Isis direttamente. L’Isis scrisse che la Turchia era diventato un paese nemico e iniziava a colpirlo, ripetutamente. 
Veniamo alla Germania. Il 13 novembre 2015, ci fu la strage dell’Isis a Parigi. Hollande chiese aiuto alla Merkel che, il primo dicembre, si impegnò a inviare 1200 soldati tedeschi a sostegno dei soldati francesi, una grande nave da guerra e alcuni aerei-cisterna per rifornire gli aerei francesi impegnati nei bombardamenti contro le postazioni dell’Isis in Siria. Il 4 dicembre 2015, il parlamento tedesco approvava la decisione della Merkel con 445 voti in favore e 146 contrari. La Germania non bombarda direttamente l’Isis, ma è come se lo facesse. Dopo l’attentato del profugo siriano Mohammed Delel, che il 24 luglio 2016 si è fatto saltare in aria ad Ansbach, in Baviera, l’agenzia dell’Isis, “Amaq”, ha rivendicato l’azione, chiarendo che la Germania deve essere punita per il suo sostegno alla coalizione americana contro lo Stato Islamico. 
In sintesi, il comportamento dell’Isis si riassume nella formula: «Colpiamo coloro che ci colpiscono». Tuttavia, l’Italia è in una posizione simile e, nello stesso tempo, diversa, rispetto a Turchia e Germania. L’Italia non fornisce alcun aiuto militare agli americani, in Libia, a differenza di quanto la Germania ha fatto con i francesi, in Siria. Quanto alla Turchia, la differenza è macroscopica. La Turchia non si è limitata a offrire la base di Incirlik agli Usa. Ha anche condotto numerosi incursioni aeree contro le postazioni dello Stato Islamico in Siria, cosa che l’Italia non farà, in Libia. Accogliendo la richiesta americana, l’Italia sarà esposta. Eppure, non potrebbe essere meno esposta. Detto più semplicemente, l’intervento americano è una soluzione positiva per l’Italia perché le consente di non intervenire militarmente contro l’Isis. Ecco perché è politicamente impensabile che il governo italiano neghi l’
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