In contumacia era stato condannato a morte per fucilazione da un tribunale di Tripoli per crimini contro l'umanità commessi guidando la repressione alla rivolta contro il colonnello Gheddafi: un'accusa che lo rende un ricercato anche dalla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, come ricorda l'organizzazione per la difesa dei diritti fondamentali Human Right Watch sottolineando che le autorità libiche «restano obbligate» a consegnarlo all'Aja. Oltre alla milizia che lo teneva prigioniero, la brigata Abu Bakr al Siddiq, l'annuncio della sua liberazione avvenuta venerdì è stato confermato dal suo avvocato che però lo aveva dato per libero già nel luglio dell'anno scorso (altri annunci senza conferme c'erano stati a marzo e a fine maggio). La milizia e il legale non hanno precisato dove si trovi, scatenando una ridda di indiscrezioni mediatiche.
Le più autorevoli lo indicano a Tobruk o Beida, comunque in quella Cirenaica (est) controllata dal generale Khalifa Haftar, cui la brigata Abu Bakr è legata.
Il governo del premier Fayez Al Sarraj, insediato a Tripoli, si era opposto alla concessione dell'amnistia a familiari di Gheddafi. «Ammesso che la liberazione venga confermata da un'apparizione pubblica di Saif, sembra più un gesto propagandistico da parte della fazione di Zintan vicina a Tobruk che altro», ha commentato Mattia Toaldo, analista dell'European Council on Foreign Relations (Ecfr) di Londra. «Lo scopo sarebbe far vedere che loro rispondono a Tobruk e cercare di portare dalla loro parte i gheddafiani», ha aggiunto sottolineando che il campo è «molto frastagliato» e «non è detto» che i nostalgici di Gheddafi padre «rispondano a Saif».
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