Russiagate, Kushner declassato dalla Casa Bianca: non potrà avere accesso a documenti sensibili

Russiagate, Kushner declassato dalla Casa Bianca: non potrà avere accesso a documenti sensibili
di Anna Guaita
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 28 Febbraio 2018, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 09:46

NEW YORK - Che Donald Trump intenda correre per la rielezione nel 2020 lo sapevamo dallo stesso giorno del suo insediamento, il 20 gennaio 2017, quando ha riempito le carte federali per registrare la sua candidatura. Ma ora sappiamo anche che tipo di campagna intenda condurre. A guidare Trump 2020 è stato infatti chiamato Brad Parscale, il 42enne specialista di marketing che ha già amministrato l'aggressivo settore digitale della campagna 2016.

Parscale era una figura sconosciuta quando Trump gli affidò il compito di disegnare la sua pagina web, nel 2015. Ma era amico di Jared Kushner, il genero del presidente, e chiedeva solo 1500 dollari per quel lavoro. Così mise piede ufficialmente nell'impero Trump, e presto cominciò a lavorare in stretta collaborazione con Kushner. Proprio mentre Parscale viene oggi promosso, Kushner invece ha ricevuto la notizia che non può più avere le credenziali di sicurezza che gli permettono di avere accesso ai documenti sensibili. Kushner, che ricopre la funzione di consigliere del presidente, aveva credenziali temporanee, ma non ha potuto averle definitive perché è diventata una delle figure centrali nell'inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016. Jared è stato effettivamente uno dei perni della campagna, dopo che Parscale lo convinse che la battaglia politica si sarebbe svolta online, non in tv. E difatti nell'ufficio di Parscale a San Antonio, in Texas, le assunzioni crebbero presto, mentre il progetto Alamo prendeva forma e cresceva tanto che nella fase più cruenta della campagna, l'estate e l'autunno 2016, c'erano 100 dipendenti che sparavano un minimo di 60 mila e un massimo di 100 mila messaggi targetizzati.

L'INTERVISTA
In una intervista al programma 60 minutes della Cbs, lo scorso ottobre, Parscale ha spiegato: «Facebook e Twitter sono la ragione per cui abbiamo vinto». Twitter è stato il territorio di Trump stesso, Facebook è servito a raggiungere capillarmente un pubblico che gli spot tv non avrebbero coperto. Per far ciò, Parscale ha riconosciuto di aver ricevuto l'aiuto di tutti i giganti di Silicon Valley. Facebook, Google, Twitter ecc avevano in verità offerto aiuto tecnico a tutte e due le campagne, ma Parscale sostiene di aver ricercato fra i dipendenti che gli erano stati offerti quelli di sicura fede repubblicana e simpatizzanti di Trump e di averli usati per il progetto di vivisezionare il comportamento online dei membri di Facebook e riconoscere il bersaglio ideale, gli elettori dimenticati e tentennanti delle campagne e della provincia. Va detto che su Parscale ci sono anche nuvole di sospetti. È stato infatti indicato come person of interest nell'ambito dell'inchiesta del Russiagate. Solo due settimane fa, il procuratore speciale Robert Mueller ha incriminato 13 operatori russi ideatori del progetto Lahkta, cioè il progetto di infiltrare i network americani durante la campagna, per diffondere fake news e gettare zizzania nel dibattito politico. Parscale nega di aver avuto sentore dell'intrusione russa, e non è stato provato se ci sia stato coordinamento o contaminazione fra il suo progetto Alamo e il progetto Lahkta dei russi.

Il sospetto è che Parscale avrebbe passato ai russi i nominativi delle varie migliaia di elettori tentennanti da mitragliare con pubblicità e disinformazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA