Usa, i repubblicani incoronano Trump ma scoppia il caso Melania

Usa, i repubblicani incoronano Trump ma scoppia il caso Melania
di Anna Guaita
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Mercoledì 20 Luglio 2016, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 08:26

CLEVELAND (Ohio) Dopo aver dedicato la prima serata della Convention a dipingere un quadro degli Stati Uniti assediati dal crimine e dal terrorismo, ieri sera la Convention repubblicana si è dedicata all'economia, anch'essa giudicata sull'orlo del precipizio. Ma gli occhi del Paese erano comunque puntati sull'appuntamento di apertura dei lavori, il famoso roll call degli Stati, che doveva ratificare la nomina di Trump.

 

Si tratta di un momento tecnico, che in genere non riserva sorprese: la moderna tradizione politica vuole che quando si arriva al roll call siano stati fumati i calumet della pace e le asce di guerra siano state seppellite. Vuole cioè che il partito sia unanimemente unito dietro il suo candidato. Ma ieri sera c'era suspense e ci si chiedeva se qualcuno degli Stati in cui Donald Trump ha perso durante le primarie non avrebbe scelto invece di esprimere disaccordo. Il Texas ad esempio, o il Colorado, tutti e due grandi sostenitori di Ted Cruz, il senatore texano ultraconservatore, ed entrambi leader di un tentativo di ribellione nella prima giornata di lavori.

IL DISSENSO
La candidatura di Trump non è certo a rischio. I suoi 1237 delegati ce li ha, e nessun glieli può togliere. Ma altre manifestazioni di dissenso, proprio alla Convention, quando il Paese guarda e cerca di capire se vuole quel candidato alla Casa Bianca, sarebbero incresciose. Più che altro avrebbero aggravato l'impressione di dilettantismo, già esplosa con la gaffe del discorso di Melania Trump di lunedì sera, che è risultato in parte copiato da quello di Michelle Obama del 2008.
 
 

Per conquistare l'unità, Trump ha organizzato la kermesse di Cleveland come una continuo e ininterrotto j'accuse contro Hillary Clinton, l'unico tema che può davvero funzionare da collante presso gli elettori repubblicani e una certa fetta più conservatrice di indipendenti. Ma le invettive contro l'ex segretario di Stato non dovrebbero oscurare l'allegria che Trump vuole comunicare, come in una grande festa di famiglia, come in uno spettacolo televisivo invece che un appuntamento politico.

Molti oratori sono stati infatti scelti in campi diversissimi dalla politica. Ieri sera ad esempio sarebbero saliti sul podio alcuni manager di aziende private e un'attrice televisiva, oltre a due dei suoi suoi cinque figli, Tiffany, nata dalla seconda moglie Marla Maples, e Donald junior, nato dalla prima moglie Ivana. E infine ci sarebbero state le voci ufficiali del partito: Paul Ryan, speaker della Camera e Mitch McConnell, capo della maggioranza repubblicana al Senato, ai quali era affidato proprio il compito di stringere l'establishment intorno a Donald. Nessuno dei due ha mai espresso particolare ammirazione per Trump, e anzi Ryan in particolare nei mesi scorsi aveva avuto anche parole di critica aperta contro l'uomo d'affari, soprattutto per le sue uscite razziste. Ma la disciplina di partito ha avuto la meglio e i due leader hanno accettato linvito, come anche il governatore del New Jersey e il neurochirurgo di colore Ben Carson, tutti e due già candidati rivali di Trump, ma poi suoi accesi sostenitori.

LE MANIFESTAZIONI
Fuori dalla Convention, asserragliata nell'arena Quicken Loans, ci sono state anche ieri le solite manifestazioni pro o contro Trump. Qualche spintone di quando in quando ci è scappato, ma bisogna dare atto alla polizia di aver scelto la strategia del profilo basso, e addirittura alcuni momenti tesi fra manifestanti e poliziotti si sono risolti con abbracci e parole di reciproca stima.

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