Vivere nel terrore, solo 4 secondi per entrare nei rifugi anti-missili per gli abitanti del villaggio al confine con Gaza

Razzo dei palestinesi caduto su Netiv Haasara
di Gianluca Perino
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Mercoledì 10 Febbraio 2016, 19:50 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 15:25

dal nostro inviato
NETIV HAASARA (Israele) Uno, due, tre, quattro. È questo il tempo massimo che ha la gente di Netiv Haasara per raggiungere i rifugi in cemento armato e mettersi al riparo dai razzi sparati dalla striscia di Gaza. "Spesso non bastano  tre secondi - racconta Elah, un'abitante del villaggio - in linea d'aria siamo a meno di un chilometro dal confine. Arrivano subito". Dal 2001, anno della seconda intifada, la vita degli 850 abitanti (220 sono bambini) è completamente cambiata. Decisamente in peggio. Sul piccolo paesino agricolo, che una volta viveva facendo affari anche con i palestinesi, sono cominciati a piovere i razzi di Hamas. Prima piccoli e artigianali, poi sempre più grandi e micidiali. "Sono quasi tutti di fabbricazione iraniana o russa", spiega Elah. L'ultimo è arrivato da queste parti un paio di mesi fa e per fortuna non ha causato vittime. Ma il bombardamento non si è mai praticamente fermato. Uno dei picchi più alti tra luglio e agosto del 2014, durante l'ultima guerra di Gaza. Si calcola che siano arrivati qui ottocento razzi, praticamente una media di tredici al giorno, seminando terrore, distruzione e morte.
 



Camminando per le stradine del villaggio si respira un'atmosfera quasi irreale. Nel giardino dei bambini, tra altalene e scivoli, una botola bianca consente l'accesso a un bunker; stessa cosa sulla piazza, alla fermata del bus o vicino al supermercato. E naturalmente in ogni casa c'e un rifugio a prova di missile. Se suona la sirena il riparo deve essere lì, a un passo. Altrimenti si muore. Bisogna infilarsi dentro e aspettare per quindici interminabili secondi, alla fine dei quali se non è successo niente si può uscire. "Queste bombe hanno cambiato tutto - racconta Elah - qualche giorno fa mio figlio piccolo mi ha guardato e mi ha detto: mamma, nel mondo esiste un paese senza razzi?". La risposta è no. Perché quello è il loro mondo. E a Netiv Haasara non sono molti a voler andare via. Può sembrare assurdo, ma è così: "Questa è casa nostra - spiegano - speriamo soltanto che la pace arrivi al più presto. Noi e i palestinesi siamo vittime dello stesso nemico: Hamas".


Pace che per ora non sembra essere vicina. Lo testimoniano due enormi muri a difesa della città, eretti per mettere al riparo gli abitanti dai cecchini. E lo testimonia, forse anche di più, la scoperta qualche tempo fa di un grande tunnel che avrebbe dovuto consentire ai militanti di Hamas di arrivare nel cuore della cittadina israeliana: profondo trenta metri, era largo come una galleria e lungo quasi due chilometri; l'ingresso era appena fuori Gaza ed è stato individuato dell'intelligence di Israele. "Non siamo mai al sicuro - dice ancora Elah  - costruiscono questi tunnel per uccidere o rapire i nostri figli". In realtà la sicurezza sul terreno, a Netiv Haasara, è molto sviluppata. Per entrare in paese bisogna passare un posto di blocco dei militari, che sono anche dislocati in gran numero attorno a tutta l'area; poi c'è un team di pronto intervento composto da persone del luogo e infine, qui, praticamente tutti hanno un'arma in casa. "Ma tanto le cose prima o poi cambieranno", conclude sospirando Elah. E il primo passo è stato fatto, colorando con pensieri di pace proprio quel gigantesco muro che divide israeliani e palestinesi.


 

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