Dalla Brexit all'Isis nel duello tv May-Corbyn: ma la premier non convince

Dalla Brexit all'Isis nel duello tv May-Corbyn: ma la premier non convince
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Martedì 30 Maggio 2017, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 10:19
Un finto duello in tv per una sfida elettorale senza pathos. O quasi. Scatta il rush finale, a 10 giorni dall'appuntamento con le urne e sotto l'ombra dell'incubo terrorismo, nella campagna per il voto politico britannico. A segnarne l'avvio è il primo dibattito dal piccolo schermo fra i due principali protagonisti: la premier Tory, Theresa May, vincitrice annunciata, e il leader radicale del Labour, Jeremy Corbyn, comprimario senza scampo nei pronostici, ma in rimonta negli ultimi sondaggi. E forse più in palla ieri sera. Nella realtà ciò che SkyNews ha potuto proporre è stato uno pseudo dibattito. May, a scanso di equivoci, di sorprese e di brutte figure, ha detto no a qualunque faccia a faccia: «una fuga», secondo Corbyn. Mentre ha accettato il succedaneo d'un botta e risposta a distanza, con domande poste da una stessa platea di spettatori in una coproduzione Sky-Channel 4, seguite da una doppia intervista a muso duro con Jeremy Paxman, irriverente anchorman di lungo corso.

Nulla di elettrizzante, al dunque, almeno per chi ama lo scontro diretto e i suoi potenziali imprevisti. In generale, in questo testa a testa fra over 60, Corbyn è parso più a suo agio, calmo, empatico col pubblico, oltre che determinato a difendere anche i punti più controversi del programma, sebbene alcuni commentatori lo abbiano giudicato a caldo vago su diverse questioni. May ha impiegato qualche minuto di troppo a rompere il ghiaccio, talora è parsa esitante, ma non ha perso la pazienza quando messa sotto pressione, cercando di dare di sé un'immagine da leader, eppure sorridente. Per lei si tratta del resto di difendere un vantaggio che rimane confortante, a dispetto dello scivolone recente sulla cosiddetta
dementia tax e l'imbarazzante retromarcia sui previsti tagli all'assistenza sociale dei pensionati della middle class un giorno dopo la presentazione del manifesto.

Le rilevazioni più fresche sono concordi nell'indicare una buona (e per molti inattesa) ripresa del Labour, ma lo scarto minimo resta intorno ai 6-7%: sufficiente a non turbare troppo i sonni della premier in carica, anche se forse non a garantirle quel trionfo a valanga che si dava pressoché per scontato. Ier sera ha dovuto difendersi dalle accuse di alcuni spettatori sui tagli alla polizia, sullo sfondo dello sgomento provocato dal sanguinoso attentato di Manchester, una settimana fa. Mentre ha insistito a far leva sul dossier Brexit, presentandosi ancora una volta come garante d'un addio da Bruxelles che si riveli «un successo» e sia in linea con l'interesse nazionale. Ma ha pure ripetuto che «nessun accordo è meglio d'un cattivo accordo». Il leader laburista - preso di mira per la sua storica militanza pacifista ultrà e le frequentazioni con palestinesi e repubblicani nordirlandesi - ha viceversa assicurato di non essere in nessun modo a favore di una linea «soft» sul terrorismo, pur insistendo sulla necessità di una politica estera diversa, che non destabilizzi i Paesi attraverso gli interventi militari, e che metta al primo posto l'impegno per tagliare il passaggio di fondi e armi all'Isis e per «un processo di pace in Siria o in Libia». Mentre sulla Brexit ha promesso a sua volta di voler rispettare il risultato del referendum del 23 giugno 2016, ma dicendo no a un divorzio da Bruxelles «senza accordo».

Sulla politica economica (cavallo di battaglia d'un Labour riorientato a sinistra che si gioca il tutto per tutto con un programma anti-austerità i cui costi potrebbero far saltare il banco, stando ai detrattori) ha infine rivendicato fra gli applausi come suo vero obiettivo «la giustizia sociale», con una riduzione delle «accresciute disuguaglianze fra ricchi e poveri».
Quanto a un'ipotetica abolizione della monarchia, Corbyn, vecchio repubblicano, ha tagliato corto che «non si farà», aggiungendo con un sorriso di avere un eccellente rapporto con la regina. Ai prossimi sondaggi il compito di dire chi sia stato più convincente.
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