Dal Regno Unito un altro brutto segnale per Bruxelles

di Giuliano da Empoli
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Sabato 7 Maggio 2016, 00:02
A poco più di un mese dal referendum sull’Europa, il risultato delle elezioni inglesi di giovedì è tutt’altro che incoraggiante. Trasmette piuttosto la sensazione di un Paese disorientato e confuso, attraversato da pulsioni contraddittorie che nessuno, né la maggioranza né l’opposizione, sembra avere la forza di governare.

Da una parte c’è Londra, che elegge il suo primo sindaco musulmano, Sadiq Khan, premiando un laburista pragmatico che ha assai poco a che vedere con la linea attuale del partito, e penalizzando i conservatori che avevano scelto un candidato più a suo agio nei saloni di Mayfair che tra gli elettori della città più cosmopolita d’Europa.

All’estremo opposto c’è la Scozia, dove il Labour, storicamente dominante, è praticamente sparito, sostituito dal partito indipendentista scozzese e, a partire da ieri, anche dai conservatori che sono diventati la principale forza di opposizione della regione.

Nel mezzo, il resto della Gran Bretagna, dove i risultati sono più o meno stazionari: il Labour guadagna qualche seggio in Galles, i liberal-democratici si riprendono un po’ dopo l’apocalisse dell’anno scorso, così come il partito xenofobo Ukip, mentre i conservatori arretrano leggermente senza subire alcun tracollo. In pratica, nessuno vince e nessuno perde: una vera e propria eresia in questo sistema abituato da sempre alla chiarezza brutale del regime maggioritario.

Indebolito dagli scandali e dalle divisioni sul referendum europeo, il governo di Cameron trova il suo principale puntello nell’impresentabilità di Corbyn, il leader laburista, amico di Hamas che sta conducendo il suo partito verso lidi sempre più lontani dalla maggioranza degli elettori britannici.

Laddove tutti i suoi predecessori, non solo Blair ma anche il grigio Ed Miliband, avevano fatto registrare imponenti avanzate alle elezioni locali, quando erano all’opposizione, Corbyn è riuscito a pareggiare malamente. Il che gli consente, per il momento, di conservare la guida del partito, ma non lascia presagire nulla di buono per il futuro.

Nel frattempo, il malumore degli elettori imbocca altre strade. Innanzitutto l’astensione. E poi, di nuovo, il ripiego identitario dell’Ukip e del partito nazionalista scozzese. Se gli inglesi dovessero votare l’uscita dall’Europa il 23 giugno, gli scozzesi indiranno quasi certamente un nuovo referendum per chiedere l’indipendenza.

Difficile dire quale sarà l’esito di queste spinte centrifughe sempre più marcate. Quel che è certo è che da ieri, il Regno Unito assomiglia ancora un po’ di più ad un film uscito nelle sale inglesi un paio di mesi fa - High-Rise, tratto dal romanzo omonimo di James Ballard - nel quale si descrive un grattacielo di iper-lusso che precipita nell’anarchia man mano che si isola dall’esterno e che i condomini dei vari piani si lanciano in una guerra sempre più spietata gli uni contro gli altri.


 
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