Rapite, torturate e violentate dai jihadisti: ecco i racconti choc delle donne yazide

Dal sito www.mapofdisplacement.com
di Ida Artiaco
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Martedì 19 Gennaio 2016, 15:53 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 09:03
Più di cinquemila donne yazide sono state catturate e rese schiave dagli uomini dello Stato islamico, dopo aver conquistato la città di Sinijar, nel nord dell’Iraq, nell’agosto del 2014. Molte di loro erano soltanto adolescenti, eppure sono state costrette a guardare i jihadisti uccidere le loro famiglie prima di essere vendute al miglior offerente. Mentre alcune sono ancora vittime degli abusi dei terroristi, altre sono riuscite a scappare e a ricordare il loro incubo fatto di violenze e paura.

La fotografa irachena Seivan Salim ha immortalato alcune di queste donne perseguitate perché cristiane yazide, ora libere, mentre posano con il tradizionale abito da sposa bianco, simbolo di purezza. Una occasione non solo per mostrare la loro bellezza, nonostante le cicatrici e la sofferenza, ma anche per far conoscere al mondo le loro storie, riportate dal quotidiano inglese Daily Mail. E dalle loro parole si comprende quanto sia stato difficile tornare ad avere una vita normale.

Perla, ad esempio, ha raccontato di essere stata prigioniera dell’Isis per oltre dieci mesi. Aveva 21 anni quando nel 2014 gli uomini del Califfato la portarono via in Siria insieme ad altre quattrocento ragazze. «Il mio rapitore mi ha picchiato più volte e ha minacciato di uccidermi, dicendo che mi avrebbe fatto riunire con i miei genitori, che quasi sicuramente erano già morti», ha detto. Rooba, 29 anni, ha invece ricordato di come, una volta trasportate a Raqqa, le ragazze yazide venivano lasciate morire di fame e di sete. Soltanto i loro figli potevano mangiare, ma non più di un uovo al giorno. Venduta tre volte, è stata violentata e picchiata, insieme al nipotino di 3 anni, dagli uomini che l’avevano comparata e che volevano sposarla.

Molte sono state testimoni di crocefissioni pubbliche di amici e parenti, altre venivano inviate nelle scuole islamiche così che potessero convertirsi. Non mancavano le donne incinte. Delvin, 27 anni, ha raccontato: «Anche se aspettavo un bambino mi hanno picchiata e hanno cercato di violentarmi. Se non avessi avuto rapporto sessuali con gli uomini della famiglia che mi aveva comprata, non mi avrebbero lasciata in pace».

La maggior parte dei loro parenti, però, è ancora nella mani degli uomini di Daesh, come nel caso della 22enne Nasima: le sue due sorelle e i due fratelli sono ancora schiavi in Siria. Durante la prigionia erano costrette a stare in stanze piccolissime senza finestre, ammassate le une sulla altre e al buio. «Una sera una ventina di ragazzi sono entrati nella casa dove ci trovavamo e hanno cominciato a picchiarci - ha raccontato JIhan, 20 anni -. Ci hanno detto che non ci avrebbero ucciso perché preferivano torturaci e vedere la nostra sofferenza». 
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