Profughi, l'appello al G20: «L'Europa non ce la fa più»

Profughi, l'appello al G20: «L'Europa non ce la fa più»
di Marco Conti
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Lunedì 5 Settembre 2016, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 08:20
dal nostro inviato
HANGZHOU L'Unione europea chiede aiuto sui migranti e il G20 spinge sulla crescita. Nella prima riunione del vertice mondiale a guida cinese si cerca di esorcizzare il timore che i rigurgiti nazionalisti possano imprimere un duro stop alla globalizzazione dei mercati. Ad alimentare le paure, specie in Europa, i flussi continui di migranti ed economie che non riescono a riprender quota. Ultima vittima Angela Merkel, prossima presidente del G20 che si terrà ad Amburgo e che nell'antica capitale cinese arriva mentre la Cdu viene sconfitta alle regionali dai socialisti e dal nuovo partito nazionalista e xenofobo Alternativa per la Germania.

NODO ACCOGLIENZA
L'appello lanciato dalla tribuna del vertice dai due presidenti dell'Europa Juncker e Tusk affinché si discuta la questione dei migranti, perché «l'Europa è al limite delle sue capacità di accoglienza», non entra nel merito dei tanti motivi che spingono 65 milioni di persone a fuggire dai rispettivi paesi, ma sollecita una responsabilità comune che sinora il G20 non si è assunto.

Parlare di crescita equa, di sviluppo sostenibile - come chiede il presidente turno Xi Jinping - mentre intere popolazioni fuggono a cause di guerre o tirannie, potrebbe non bastare per convincere intere comunità sempre più orientate a chiudersi in se stesse. «La Commissione sta lavorando nella preparazione di un ambizioso piano di investimenti esterni - ha sostenuto il presidente della Commissione Juncker - usando fondi pubblici per attrarre capitali privati». L'Europa guarda fuori i propri confini e cerca una mano da quelle superpotenze che potrebbero svolgere un ruolo per cercare di frenare l'esodo che genera paure e frena la crescita.
«Mi fanno piacere le parole di consapevolezza di Tusk e Juncker, aspettiamo che arrivino i fatti», ha commentato con una certa freddezza il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, che dalla Ue attende ancora l'avvio di un piano di rimpatri e la stipula di accordi di cooperazione con i paesi d'origine di chi fugge. «Non siamo al collasso - sostiene il premier nella conferenza stampa che chiude la prima giornata di lavori - ma non si può continuare a pensare che si continui a fare tutto noi».

LE DISEGUAGLIANZE
Attenzione alle disuguaglianze, quindi, perché - è la replica del presidente Obama - se facciamo attenzione solo alla crescita aggregata, e non a come è distribuita, «ci sarà una reazione contro la globalizzazione e il commercio mondiale». La reazione è però già in atto e preoccupa il presidente americano che davanti alle telecamere della Cnn mette le mani avanti: «È giusto preoccuparsi delle disuguaglianze ma la risposta non è alzare barriere. La risposta è avere tutti alti standard per l'occupazione e far sì che i singoli paesi siano responsabili nei confronti dei loro cittadini, anche stabilendo un salario minimo».

LE FRONTIERE
Chiudere le frontiere alle persone e non alle cose è esercizio difficile nel quale l'Europa si è cominciata a cimentare con l'accordo stipulato con la Turchia di Erdogan il quale partecipa al vertice dopo il tentativo di golpe. Dopo una fase di stallo, il dialogo tra Turchia e Stati Uniti è ripreso, ma le differenze non sono da poco anche se Obama, incontrando Erdogan, ha assicurato massima collaborazione nell'individuazione dei responsabili del fallito golpe. Il riferimento potrebbe essere anche all'ex alleato del presidente turco Gulen, che vive negli Usa, per il quale Ankara ha chiesto l'estradizione.