Da mercoledì il piano accoglienza Ue: dall'Italia via i primi 24 mila profughi

Da mercoledì il piano accoglienza Ue: dall'Italia via i primi 24 mila profughi
di Valentina Errante
3 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Settembre 2015, 06:17 - Ultimo aggiornamento: 09:21
ROMA - I primi a entrare ufficialmente in funzione saranno Lampedusa e Pozzallo. Molto dipenderà dall'esito del vertice di lunedì a Bruxelles, ma l'inaugurazione degli hotspot italiani dovrebbe essere il prossimo 17 settembre. La ”relocation” in Europa dei 40mila eritrei e siriani provenienti da Italia e Grecia, almeno formalmente, adesso è realtà e comincerà già mercoledì, sotto il controllo degli ”ispettori”, che vigileranno sul rispetto delle procedure e non consentiranno defaillance, pena l'esclusione dal programma di ricollocamento per tre mesi. E mentre l'Ue punta a creare un ufficio dei rimpatri, per l'Italia il problema resta la gestione di quanti (soprattutto siriani ed eritrei) rifiutano l'identificazione, nella speranza di ottenere asilo in un altro stato Ue. Così, paradossalmente, il cambio di rotta di Bruxelles, potrebbe comportare, per i profughi che riescono ad approdare in Italia, un trattamento peggiore di prima: il rischio è che finiscano nei Cie, insieme ai cosiddetti migranti economici, destinati al rimpatrio.

RELOCATION

La redistribuzione tra i paesi membri partirà il 16 settembre. In 24 mila (in due anni dovrebbero raggiungere i 40mila) lasceranno l'Italia. Le procedure non saranno velocissime, il Dipartimento per l'Immigrazione invierà la prima lista di nomi, poi gli uffici tecnici di Bruxelles eseguiranno le verifiche e, infine, per davvero, i profughi ospiti nel nostro Paese da meno di cinque anni, saranno destinati altrove. Soprattutto in Germania, Francia e Spagna. Per coprire le spese di trasferimento riceveremo 500 euro per ciascun migrante. Ma contemporaneamente, la data prevista è il 17 settembre, entreranno a regime i primi due hotspot, Lampedusa e Pozzallo, e in Italia gli ”ispettori” di Frontex e dell'Easo arriveranno a vigilare sul rispetto delle procedure. Gli altri tre centri di smistamento, già in allestimento (Trapani, Taranto e Augusta) cominceranno a lavorare nei mesi successivi.



GLI HOTSPOT

E' un doppio binario, sul quale si rischia di incontrare parecchi ostacoli. Perché se da una parte il Piano Ue sgrava l'Italia da una quota di migranti, dall'altra potrebbe confliggere con le leggi nazionali sul rispetto dei diritti e delle libertà. Le veloci e sbrigative procedure europee per l'identificazione dovranno essere osservate. Non sarà più possibile rispettare la volontà di quanti (soprattutto siriani ed eritrei con famiglie altrove o desiderosi di approdare in un paese dove il ”welfare” sia più generoso) scelgano di non farsi identificare in Italia per sottrarsi alle regole previste da Dublino III. L'Europa pretende un'immediata distinzione tra chi abbia diritto allo status di rifugiato e chi, invece, vada rispedito a casa propria, perché non fugge alla guerra, ma viene considerato ”migrante economico”. La circolare che impedisce di usare violenza nei confronti di quanti non si faranno identificare continuerà ad essere osservata ma, dopo una breve spiegazione sull'impossibilità di accogliere chi non fornisca le generalità e non consenta il fotosegnalamento, sarà impossibile non inviare i profughi ”ignoti” nei Cie, i centri di identificazione e accoglienza destinati ai migranti economici e a quanti non abbiano diritto di protezione internazionale. Un'impasse con la quale il governo italiano dovrà fare i conti. Pena l'esclusione dal Piano di ”relocation” dell'Agenda Junker.



I DATI

Nel 2015 un migrante su tre ha detto no al fotosegnalamento, 41mila persone sulle 122mila finora sbarcate. Quattro operatori in un giorno, in condizioni favorevoli, riescono a fotosegnalare 100 persone. Quando gli sbarchi sono massicci si procede a oltranza. È di otto minuti in media il tempo richiesto dalla procedura se il soggetto acconsente. Ma in tanti si sottraggono e non ci sono norme che consentano alla polizia di trattenere il migrante oltre 12 ore, né tecnicamente sarebbe possibile procedere all'identificazione se lo straniero non vuole. «Se il migrante rifiuta di esser identificato - spiega Daniela Stradiotto, direttore del servizio di polizia Scientifica - non è possibile procedere. Anche se si dovesse forzare fisicamente la persona a mettere la mano nello scanner, le impronte non sarebbero leggibili e le foto sono inutilizzabili se il soggetto non sta fermo e tiene gli occhi chiusi».