«COME UN CAMPO DI GRANO»
Sono in tre e hanno cominciato a fare strage da mezz'ora, hanno ucciso al Petit Cambodge, davanti al Carillon, alla Belle Equipe, poi sono risaliti per il boulevard Voltaire: il Bataclan è l'ultima tappa. Hanno il volto scoperto, ma non hanno bisogno di prendere la mira nella sala piena: dove passano le raffiche, ammazzano. Grégoire, Thomas e Nicolas sono tre amici, vanno pazzi per il metal, ma in platea non ci vanno più. Stanno anche loro in un palco. «Sembrava che passasse come un colpo di vento in un campo di grano. La gente cadeva giù, morti, feriti e vivi che cercavano scampo. Non sappiamo cosa sia la guerra, ma abbiamo capito che quella era guerra. Due di noi si sono ritrovati sul tetto, un altro in una sala dietro le quinte. Abbiamo aspettato due ore l'intervento della polizia. Sentivamo gli spari, poi il silenzio, terribile anche quello». Dopo l'assalto, a decine sono riusciti a scappare dalle uscite di soccorso. «Un agente della sicurezza ci ha salvato, ci ha fatto segno di seguirlo, camminavamo sui cadaveri» racconta Isabelle, piangendo. Quelli che restano dentro, ostaggi, cercano scampo, alcuni si riparano sotto i corpi, altri si chiudono nei bagni, c'è chi riesce a sistemarsi nell'interstizio del doppio soffitto, in mezzo alla lana di vetro isolante.
RAFFICHE A CASO
Julien Pearce, giornalista a Europe 1, era nella sala. È tra quelli che sono riusciti a scappare prima che i quattro terroristi chiudessero tutti dentro. «Li abbiamo visti venire verso di noi, e sparare, così, raffiche a caso. C'è stato un movimento di panico, tutti volevano scappare. Io mi muovevo quando ricaricavano - ha raccontato - quelli che correvano, non si sono salvati, sparavano a tutti. Anche a quelli stesi per terra, che fingevano di essere morti. Prima di uscire mi sono voltato, ho visto decine di corpi uno sull'altro, crivellati di colpi, in un mare di sangue. L'inferno». Jasmine invece è rimasta due ore chiusa nelle toilette. Immobile, trattenendo il respiro. «Sono arrivata ai bagni strisciando sotto un corpo - dice tra i singhiozzi, davanti alle telecamere, avvolta nella coperta argentata del pronto soccorso - Era una carneficina, un calvario. Non ho mai visto tanti morti in vita mia».
GLI AVVERTIMENTI
Perché il Bataclan? Ieri erano in molti a Parigi a ipotizzare che la scelta di questa sala storica di concerti, a due passi dalla Republique, non sia casuale. Da anni il locale, scriveva ieri il settimanale Le Point, è nel mirino di gruppi terroristi antisemiti. Nel 2007 e 2008 era stata minacciata da gruppi radicali perché ospitava regolarmente conferenze o feste di organizzazioni ebraiche come il «Magav». Nel 2009, una radical arrestata in Egitto, Fatima F., aveva parlato alla polizia di un progetto di attentato a Parigi al Bataclan perché «i proprietari sono ebrei». Anche gli Eagles of Death Metal, gruppo della scena rock californiana, (sono riusciti tutti a mettersi in salvo) erano un po' nel mirino. A luglio si erano esibiti a Tel Aviv nonostante le polemiche: «non boicotteremo mai un posto come questo» aveva detto Jesse Hughes.