Olimpiadi, Parigi fa festa grazie all’autogol di Roma

di Marco Gervasoni
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Mercoledì 12 Luglio 2017, 00:05
Cominceremo a parlarci a pranzo, con uno Chardonnay californiano e poi un Bordeaux». Sono le prime parole del presidente del Comitato olimpico internazionale dopo l’annuncio della vittoria, prevedibile, di Parigi e di Los Angeles per ospitare le edizioni del 2024 e del 2028.

Per pasteggiare con un Chianti o con un Amarone, il Comitato olimpico dovrà invece attendere almeno un paio di generazioni. Con un po’ di malinconia e con il senso delle occasioni perdute si guarda a queste due città che, grazie al volano economico e di immagine costituito dall’organizzazione delle Olimpiadi, avranno modo di trasformare il loro volto e di proiettarsi nel ventunesimo secolo ancora più di quanto non lo siano già.

Serve poco riaprire la polemica con chi ha deciso di non far neppure combattere la battaglia a Roma, che molte chances di vincere le aveva. Più sensato interrogarsi invece sull’importanza delle Olimpiadi e di quelli in genere chiamati Grandi Eventi per una città e per un paese intero. Da noi prevale una batteria di luoghi comuni, tra il disfattista, il cinico e il pigro conformismo di un qualunquismo da pochi soldi. Si dice: i grandi eventi portano a sprechi, violentano il paesaggio, sono residui «ottocenteschi» che non servono a nulla. Naturalmente è vero il contrario: altrimenti perché tutte le città più importanti del pianeta si batterebbero come fanno da leoni per aggiudicarseli? Si prova ancora un brivido a risentire le parole dell’ex premier Mario Monti quando bocciò per la prima volta la candidatura di Roma, portando a esempio l’esempio sbagliato di Atene.

In realtà, tutte le altre occasioni le Olimpiadi e in genere i grandi eventi hanno rappresentato una occasione di trasformazione e di arricchimento per la città e per la nazione ospitante. Inoltre, come sanno gli storici dello sport, ospitare un’olimpiade è sempre uno straordinario strumento di politica estera per far pesare, anche su un breve periodo, il ruolo del paese. Una nazione che accoglie le Olimpiadi o un grande evento non è periferica, dimostra di avere un ruolo negli organismi internazionali. I grandi eventi sono poi una sfida per fornire di senso le città contemporanee. Che cosa sono infatti i grandi agglomerati urbani nel XXI secolo che, secondo alcuni, sta diventando quello della grandi metropoli «città stato» degli scambi e della ricchezza? E quale è il destino delle grandi città italiane in questo scenario? Prova ne sia che perfino Milano ha cercato, pur senza grandi chances, di candidarsi. E ieri ha perso speranze già al lumicino.

Per il momento il rischio concreto, già visibile a Roma, per non parlare di Venezia e di Firenze, è di trasformarle, più che in città museo, in città luna park, o peggio un suk per un turismo di massa low cost.

Ma questo è lo stato dello spirito pubblico oggi. Una nazione che non crede più in se stessa. In cui non credono le classi dirigenti. E in cui non crede neppure la classe politica (o almeno parte di essa) sulla carta la prima che dovrebbe essere più interessata a raccogliere i frutti di ospitare un grande evento. Così il presidente Macron, senza colpo ferire, si troverà lo straordinario volano della preparazione delle Olimpiadi, che egli utilizzerà certamente nella campagna per il nuovo mandato, nel 2022. E che risulterà trionfatore, nel 2024, se fosse confermato presidente.
Al contrario, l’anno prossimo il nuovo governo italiano, chiunque lo dirigerà, si troverà di fronte alla solita implacabile legge: le scelte sbagliate si pagano.

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