Obama con Renzi: «Avanti sulle riforme, gli Usa puntano su un'Italia stabile»

Obama con Renzi: «Avanti sulle riforme, gli Usa puntano su un'Italia stabile»
di Alberto Gentili
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Martedì 18 Ottobre 2016, 08:33 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 17:55
dal nostro inviato
WASHINGTON
Raccontano che Barack Obama, durante l'ultimo G20 celebrato a Hangzhou a inizio settembre, consigliò a Matteo Renzi di non dimettersi in caso di sconfitta al referendum. Un suggerimento che con ogni probabilità il presidente americano ripeterà oggi durante l'incontro alla Casa Bianca, accompagnandolo con quello che il Washington Post definisce «un clamoroso voto di fiducia per il giovane premier italiano». Dunque, un sostegno esplicito alle riforme renziane che, sempre in Cina, Obama definì «un esempio da sostenere».

Insomma, oggi il premier italiano dovrebbe uscire dal bilaterale con Obama e poi dalla cena di Stato, con in tasca un vero e proprio endorsement e con l'auspicio dell'amministrazione Usa di una vittoria del Sì il 4 dicembre. Questo non tanto perché a Washington sono diventati improvvisamente maniacali osservatori delle vicende nostrane, quanto perché Obama e Hillary Clinton ormai considerata a un passo dalla vittoria nel duello con Donald Trump puntano, dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, sulla «stabilità dell'Italia».

«Washington, rimasta scottata dall'addio di Cameron in seguito alla sconfitta al referendum sulla Brexit, cerca in Roma», spiega una fonte diplomatica statunitense, «un partner solido e affidabile. E sa bene che un eventuale addio di Renzi al governo aprirebbe anche da voi la strada all'avanzata dei populisti; mentre una sua vittoria al referendum renderebbe il premier italiano uno dei leader più potenti d'Europa, considerate le difficoltà della Merkel e l'eclissi praticamente certa di Hollande».

ACCOGLIENZA DA STAR
Così Renzi, arrivato ieri sera negli States per partecipare a una cena nella residenza dell'ambasciatore Armando Varricchio, si gode quella che il Financial Times definisce «un'accoglienza da star». Lungo bilaterale questa mattina con Obama, che dedica al premier italiano l'ultimo incontro ufficiale della sua presidenza. Poi pranzo con il vicepresidente Joe Biden e il segretario John Kerry al Dipartimento di Stato. Caffè con alcuni esponenti dello staff di Hillary Clinton. Infine mega cena di Stato alla Casa Bianca accompagnato dalla moglie Agnese e dalle eccellenze italiane. A cominciare da Roberto Benigni, apertamente schierato per il Sì al referendum.

I DOSSIER
Sul tavolo dei diversi appuntamenti americani ci sono numerosi dossier. Riconosciuto, come ha più volte fatto Obama, che «l'Italia non è più il fanalino di coda dell'Europa» e che «mai come ora sono stretti e solidi i rapporti tra Washington e Roma», l'amministrazione Usa punta sul nostro Paese su diversi fronti. C'è la questione della crisi libica. E in questa partita, oltre al sostegno al traballante governo di Al Serraj, è in gioco l'uso della base di Sigonella e non solo.

C'è il ruolo nelle tensioni con Vladimir Putin: Renzi ha dato il via libera all'invio di 140 fanti in Lettonia nel quadro delle operazioni Nato, ma secondo Obama e la Clinton, Roma può risultare utile per tentare una ripresa del dialogo con Mosca, vista la posizione italiana a favore dell'abolizione delle sanzioni contro la Russia. Ci sono l'accordo sul cambiamento climatico e il dramma dei migranti. C'è, soprattutto, la «grande consonanza di vedute» (parole di Obama) per spingere la crescita economica e mandare in soffitta le politiche d'austerity: occasione propizia per Renzi che arriva a Washington con in valigia una legge di stabilità, una «manovra espansiva» su cui giovedì, al vertice di Bruxelles, dovrà probabilmente bisticciare.

Naturalmente il premier italiano ricambia tante affettuosità. Dice: «Quello di Obama, uno dei più grandi presidenti americani, è un importante gesto d'amicizia». Celebra: «L'Italia è ospite d'onore e porta il Tricolore dentro la Casa Bianca». Ed è ben felice di essere paragonato dalla stampa americana al «Trudeau europeo»: il giovane premier progressista canadese che tanto piace a Obama e Hillary. E insieme al quale la prossima (probabile) presidente Usa vuole formare «un asse contro i populismi». Un club esclusivo a cui verrà invitato anche Renzi se supererà indenne la prova del referendum costituzionale. Oppure se, comunque vada, seguirà il consiglio di Barack.
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