Newtown, nei diari del killer i segni della follia: il racconto della vecchietta che uccideva bimbi con il mitra

Adam Lanza
di Anna Guaita
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Venerdì 27 Dicembre 2013, 23:05 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 19:36
NEW YORK – Ascoltava musica rock, mentre guidava verso la scuola elementare di Sandyhook, dove stava andando ad ammazzare i bambini che odiava. Adam Lanza portava con sè oltre dieci chili di munizioni, prelevate dall’armadio in cui la madre avrebbe dovuto tenerle sottochiave. Ma la 52enne Nancy Lanza aveva spesso detto ad amiche e conoscenti che “non temeva il figlio” che “con lui si sentiva sicura”. Eppure, i segni di una crescente follia violenta c’erano eccome.



Li scopriamo nelle 7 mila pagine dell’inchiesta, nelle testimonianze, nelle foto, nei diari, nelle prove rese pubbliche fino all’ultima dalla polizia del Connecticut dopo che alcune erano state anticipate qualche settimana fa. Adesso sul sito della polizia tutti possono andare a leggere le crescenti stranezze di questo ragazzo, fin da quando aveva sette anni e scrisse un racconto in cui una vecchietta girava con un bastone che conteneva una mitragliatore con cui poteva uccidere tutti quelli che non le piacevano, soprattutto bambini.



I motivi per cui la mattina del 14 dicembre dell’anno scorso il ventenne Adam Lanza andò alla scuola Sandyhook di Newtown, e vi uccise 20 bambini e 6 maestri non saranno forse mai resi del tutto chiari. Ma certo con il senno di poi qualcosa si poteva immaginare, nonostante la polizia sostenga "Adam Lanza non aveva mai dimostrato tendenze aggressive". Fra i documenti che la polizia ha reso noti dopotutto non ci sono solo i raccontini noir e sanguinosi che aveva scritto da bambino. C’è il grafico da lui stesso tracciato con puntigliosa precisione di tutti i massacri compiuti nelle scuole, a cominciare da Columbine, il liceo del Colorado, del 1999, cioé quando Adam aveva sette anni. C’è la testimonianza di amici e parenti, e del fratello: Adam non si voleva far toccare, non ammetteva nessuno nella sua camera, non toccava le maniglie delle porte e si cambiava ossessivamente di vestiti varie volte al giorno. Era affascinato da tutte le armi, sia pistole che fucili che pugnali. Durante l’uragano Sandy, un mese e mezzo prima del massacro, che portò distruzione, allagamenti e un lungo periodo senza elettricità, Adam si rifiutò di andare in albergo con la madre, e si chiuse nella propria camera, al buio, da solo.



Dai suoi diari, si scopre che il giovane era convinto che sua madre non lo amasse e che gli preferisse i bambini della scuola elementare, Sandyhook appunto, dove lavorava come volontaria. Eppure la madre lo portava con sè a sparare, gli faceva usare armi, e pensava perfino di trasferirsi al sud, in uno Stato dove avrebbero trovato un atteggiamento più tollerante verso le armi che non nel Connecticut. Perfino il padre gli spedì un biglietto di auguri di buon compleanno in cui si legge: “Caro Adam, mandami una email e dimmi se preferisci andare a fare una camminata nei boschi o andare a sparare”.



Qualche giorno prima della discesa agli inferi, Nancy Lanza aveva detto a un’amica che il figlio era caduto e aveva battuto la testa. Eppure era partita per il New Hampshire, da sola, convinta che il figlio avesse bisogno solo di “spazio”. Pensava così di non farlo sentire soffocato. Invece poche ore dopo il suo ritorno, il figlio le sparava in faccia e andava a uccidere i bambini che odiava perché credeva che lei li amasse di più.



Nelle pagine che la polizia ha messo in internet, molti nomi sono censurati per questioni di privacy. Ci sono in compenso molte fotografie, incluso i bersagli su cui il ragazzo si addestrava a sparare, e la pistola Glock con cui si è suicidato. E poi ci sono le frasi raccolte dal 911, il numero delle emergenze, mentre dalla scuola tutti chiamavano con i cellulari per chiedere aiuto: “Sento sparare, sento dei colpi” dice un bidello. “Non smette, i colpi continuano, Signore mio Dio, chiunque sia, sta continuando a sparare”. E: “Non riesco a fermare il sangue, sì si sto premendo, ma non smette”. E una maestra che tiene in braccio una bambina ferita: "Forza piccola mia, forza...."