Il nodo migranti/ La sconfitta di Merkel monito per l’Europa

di Massimo Teodori
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Martedì 6 Settembre 2016, 01:07
Fino a ieri la Germania sembrava volere indicare all’Europa la linea. Sia la linea della politica economica, tesa allo sviluppo, sia quella della larga accoglienza degli immigrati che si riversano sul Vecchio continente. Oggi, dopo il successo dell’estrema destra anti-immigrati nel piccolo Land del Meclemburgo-Pomerania, la potenza tedesca trasmette agli europei un allarme che sarebbe pericoloso non prendere in considerazione.Nella regione baltica, che è anche collegio elettorale della cancelliera Angela Merkel, simbolo della Germania numero uno in Europa, i populisti-xenofobi di Alternative fur Deutschland hanno raccolto con il 22% i voti non solo dagli elettorati neonazisti, ex comunisti e verdi ma anche da chi indirizzava i consensi ai due partiti tradizionali – i cristiano democratici e i socialdemocratici – che governano a Berlino. Si logora così l’eccezionalismo tedesco che riteneva di poter esercitare la leadership sull’Europa e dettare le regole comuni ad oltre mezzo miliardo di abitanti dell’Unione in nome della propria stabilità. Ma a ben considerare non è vero che l’economia tedesca vada molto meglio di quella degli altri Paesi, che le banche siano in una situazione più sana delle nostre, che l’indice di crescita superi la media europea, tanto che nell’elezione del Land ha pesato anche la protesta per i redditi insufficienti. 
 
Questa volta gli elettori non hanno soprattutto apprezzato la politica aperta verso i profughi della Merkel, anche se è stata esercitata in nome dell’interesse nazionale che ha accolto milioni di siriani più facilmente integrabili in un ambiente sviluppato in quanto appartengono alle fasce istruite della popolazione in fuga dalla guerra. 
L’incendio populista acceso dall’immigrazione islamica di massa si sta estendendo dai Paesi ex-comunisti a basso tasso di coscienza civile a quelli di più solida tradizione democratica. Dopo la Polonia con al potere il partito ultracattolico anti-europeo, dopo l’Ungheria dell’ultrà nazionalista Orban, dopo la Slovacchia del partito autodefinitosi nazional-socialista, ecco che tra i Paesi più democratici ad alto tasso di antieuropeismo fa ingresso la Germania che si affianca all’Austria con metà dei voti al candidato presidente dell’ultradestra, all’Olanda e alla stessa Francia di Marine Le Pen. Per non parlare dell’Italia dove tutte le forze classiche della democrazia sono in crisi. 
Qual è, dunque, il segnale che indica il malessere economico, sociale, culturale e quindi politico che dalla Germania viene trasmesso all’Europa? E come deve essere interpretato il messaggio proveniente dalla nazione che sembrava godere del maggiore benessere nel cui segno faceva la voce grossa a Bruxelles? 
Fin qui l’Europa di Bruxelles si è dimostrata sorda ai gridi di dolore provenienti dall’Italia che ha più di un motivo a protestare per il carico di immigrazione. Hanno avuto ragione i massimi rappresentanti europei a lanciare un Sos al G20 perché le potenze mondiali si occupino anche dei milioni di profughi che si riverseranno sul suo territorio ma i risultati della conferenza indicano che i governanti degli altri continenti sono del tutto insensibili ai problemi della vecchia Europa.
Allora dobbiamo interrogarci su cosa fare. Non basteranno, certo, dieci, cento, mille articoli a trovare la soluzione del problema degli immigrati che comunque non può essere affrontato con formule semplicistiche o ideologiche. Tuttavia suggeriamo di riflettere su alcuni temi specifici di casa nostra. In primo luogo non si può più accettare che la Germania imponga le sue regole economiche ai Paesi dell’Unione, pena lo sfascio della stessa integrazione europea che fin qui ci è costata tanta fatica.
In secondo luogo, e più importante, non è più possibile praticare una politica di accoglimento indiscriminato perché ormai siamo al punto di rottura in molti settori dell’opinione pubblica che sono pronti a raccogliere i frutti perversi che fioriscono in ogni angolo d’Europa. 
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