l ruolo dell’Italia/ Il nuovo asse Merkel-Macron può diventare una tenaglia

di Marco Gervasoni
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Sabato 24 Giugno 2017, 00:05
Mercron è il nome di un’azienda texana. Ma da ieri è anche quello che, a sentire gli euro-entusiasti, darà il via alla «nuova Europa»: Merkel + Macron. La sperimentata cancelliera tedesca, dai sondaggi in vista di conferma, e il giovane super potente presidente francese. Una coppia già affiatata, anche nella comunicazione: appena iniziati i lavori giovedì e i due già dichiaravano, a beneficio di Tg serali, il loro ottimismo. Ribadito nella conferenza stampa congiunta finale di ieri, stracolma di taccuini e telecamere: qui Macron ha addirittura definito «etico» il nuovo (vecchio) rapporto.

Per quanto si debba essere prudenti, e ricordare che giocoforza il presidente francese le riforme non le ha ancora approvate, l’asse franco-tedesco è tornato. È una svolta importante per la vita della Ue, visto che il motore carolingio da Chirac in poi aveva perso giri, e negli ultimi tempi si era persino grippato. Cosa porterà? Certamente a una revisione dei processi decisionali reali. Macron l’ha chiarito nell’intervista al Figaro di qualche giorno fa: prima si trova «un accordo tra di noi», Francia e Germania, e poi si procede. 

E poiché si tratta delle due principali economie dell’eurozona, dei due più popolosi Paesi, guidati dai due leader più solidi, vuol dire che nella cabina di comando ci saranno solo loro. Inutile abbellire lo scenario con illusioni o ricorrendo al «diplomatichese»: questa è la situazione.

E magari sarà un bene, in fondo quando l’asse ha funzionato, negli anni Settanta tra Giscard e Schmidt, e negli anni Ottanta e Novanta tra Mitterrand e Kohl, l’Europa si è potenziata. Sarà così anche per l’Italia, o perlomeno per il suo ruolo in quella che, pomposamente, è chiamata «governance»? Su questo è lecito, per il momento, dubitare. Solo questo giornale, ieri, ha aperto con la vicenda delle sedi delle agenzie Ue, in cui il dispositivo Mercron non sembra certo aver favorito Milano. 

Si tratta di piccola cosa (e magari alla fine un’agenzia verrà pure qui) ma sintomatica di come gli azionisti di maggioranza della Ue, Berlino e Parigi, potrebbero procedere su dossier più corposi. Per esempio sui migranti. Per i cittadini Ue (un po’ meno per le élite) e per il nostro Paese, la preoccupazione principale. Ebbene, l’ultimo Consiglio Europeo non è andato oltre i soliti auspici e i rimbrotti al blocco dell’Est: bisognerà accontentarsi, ha ammesso ieri in conferenza stampa Gentiloni. 

Sulla Brexit, Mercron pare non voglia castigare Londra ma neppure accogliere le proposte della May, che vorrebbe trarre il massimo vantaggio dall’uscita senza pagare equivalente dazio. Filosofia che l’Italia non può che condividere. Ma sull’esercito europeo, in sé ottima cosa, bisognerà pure dire, come dimostra un rapporto del Brueghel center, che i Paesi economicamente beneficiari del piano di difesa saranno Francia e Germania, poi gli scandinavi, noi in coda. Insomma l’avvio di Mercron significa per l’Italia fine dei «pugni sul tavolo» alla Renzi, possibili solo perché Hollande era debole e la Germania non voleva decidere da sola; e fine anche ai gruppi effimeri, come quello di Ventotene. Quanto all’Europa a più velocità, nessuno ne parla più. Il nuovo scenario richiede al nostro Paese serietà. 

Come ha detto ieri il presidente del Parlamento europeo, Tajani, l’Italia deve «fare meglio» nelle nomine a Bruxelles, partecipare di più alle commissioni e trovare una sua coesione, almeno all’esterno. La politica del lamento, oltre che odiosa, è inefficace. Ma Roma dovrà anche adottare un’attitudine corsara, di grande libertà e autonomia di pensiero, fatta di gioco di sponda con quei paesi che già stanno affacciando perplessità (Polonia su alcuni temi, Olanda e Danimarca su altri). Altrimenti l’abbraccio di Mercron potrebbe trasformarsi in una tenaglia.
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