Libia, così le nuove milizie hanno fermato i barconi

Libia, così le nuove milizie hanno fermato i barconi
di Cristiano Tinazzi
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Domenica 27 Agosto 2017, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 07:45
Le partenze dalla Libia improvvisamente calano, la guardia costiera libica sembra funzionare da deterrente, i trafficanti vengono arrestati. Nel mese di luglio sono sbarcati sulle coste italiane 11.193 persone, contro le 23.552 del luglio 2016. Sembrerebbe tutto a posto, per alcuni, ma quello che sta avvenendo in Libia in realtà non è molto chiaro. E non è molto chiaro neanche con chi l'Italia stia prendendo accordi e a chi stia dando aiuti per fermare le partenze dal paese nordafricano. Il governo di Fayez Al Serraj non ha mai controllato, se non nominalmente, le zone da cui abitualmente vengono fatti partire i migranti. Due sono le principali aree di imbarco: il tratto di costa che va da Zawiah a Sabratha e quello si trova a Zuwarah (anche se nel tempo ha assunto sempre meno importanza). Tratti non solo utilizzati per il traffico di esseri umani ma anche per droga, tabacco, armi. Una situazione che è stata confermata anche dai pochi migranti che nelle scorse settimane sono riusciti ad eludere i controlli marittimi e a raggiungere le acque internazionali. Secondo quanto riferito da Flavio Di Giacomo, uno dei portavoce dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sulla base dei racconti delle persone arrivate in Italia, «le partenze adesso sarebbero molto difficili. Ci sono persone che stanno bloccando le barche prima che riescano a partire e se riescono a prendere il largo vengono immediatamente riportate a riva».

LA MILIZIA DI RADA
Se ogni cosa in Libia deve essere gestita dalle milizie e non da una autorità centrale, anche la gestione della sicurezza delle frontiere deve passare attraverso di loro. Così la milizia di Rada, guidata da Abdoul Raouf Kara, che già controlla l'aeroporto internazionale di Mitiga, ora, dopo il suo impiego come polizia antiterrorismo contro elementi legati allo Stato Islamico, si trova in prima linea a effettuare arresti contro i boss del traffico di esseri umani. L'ultimo a finire nelle carceri di Rada è stato, proprio l'altroieri, Fahmi Salim Musa Bin Khalifa, definito il re del contrabbando in Libia. «Con una complessa operazione, le Forze di Deterrenza sono riuscite ad arrestare uno dei più grandi trafficanti di idrocarburi del Paese», riferisce un comunicato del gruppo. La figura di Bin Khalifa non è nuova agli inquirenti. Nel marzo 2016 venne coinvolto in una inchiesta insieme ad un ex calciatore maltese e a un egiziano per traffico di idrocarburi tra Malta e la Libia.

Ma oltre a Rada altre milizie si stanno muovendo sul terreno per intercettare parte dei finanziamenti e degli aiuti che l'Europa e l'Italia stanno fornendo alla Libia. Una inchiesta dell'agenzia di stampa Reuters ha rilevato la presenza di una nuova milizia che opererebbe proprio nella zona costiera tra Sabratha e Zawiah chiamata Brigada 48. Un gruppo composto da centinaia di persone che si muovono sia via mare sia via terra per bloccare le navi dirette verso le coste italiane.

L'EX BOSS
Secondo alcune fonti locali sentite dall'agenzia, «il gruppo sarebbe gestito da un ex boss della criminalità locale e sarebbe composto da diverse centinaia di civili, poliziotti, elementi delle forze armate». La brigata avrebbe preso anche possesso di un centro di detenzione precedentemente tenuto dai trafficanti. Quello che è ipotizzabile pensare è che vi sia un continuo ricomporsi di gruppi criminali e milizie che operano ora fuori ora dentro le istituzioni e che stanno cercando di entrare nel business della sicurezza dopo esser stati coinvolti o aver fatto finta di nulla di fronte alla tragedia dei migranti.

LE PRIGIONI
Per i quali, è bene dirlo, le condizioni di vita nel Paese non sono di certo migliorate. I famigerati campi di detenzione sono vere e proprie prigioni dove non vengono in alcun modo garantiti i diritti umani dei detenuti. Luoghi dove si compiono crimini, ricatti, violenze e pestaggi.