Bandiere bruciate/ Minacce interessate contro l’Italia in Libia

di Alessandro OrsinI
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Domenica 1 Maggio 2016, 00:08
Intervenendo in Libia, l’Italia riceverà benefici nel futuro e malefici nel presente, annunciati dai Tricolori bruciati a Derna. Il primo beneficio riguarda il problema dell’immigrazione che, finora, è stata un buon affare per l’Italia. Lo scorso anno, lo Stato italiano ha speso 13,5 miliardi di euro per gli stranieri che hanno prodotto 16,6 miliardi di entrate fiscali, con un saldo positivo per gli italiani di 3,1 miliardi. Gli immigrati hanno salvato migliaia di imprese italiane dal fallimento. Un lavoratore extracomunitario guadagna, mediamente, 942 euro netti al mese contro i 1.326 euro di un lavoratore italiano. Tuttavia, se gli immigrati cresceranno a dismisura, molti resteranno disoccupati, diventando un peso per le casse dello Stato e un problema per la sicurezza pubblica. Con il "migration compact", il governo Renzi ha proposto di investire miliardi di euro nei Paesi di esodo per indurre i migranti a non partire. La realizzazione di questo disegno politico richiede un intervento in Libia per favorire il consolidamento di un governo centrale che controlli le coste da cui partono i barconi. La tragedia del 18 aprile 2015, in cui morirono circa 800 migranti nel canale di Sicilia, non sarebbe avvenuta, se la Libia avesse avuto un governo capace di contrastare i commercianti di esseri umani. Quell’imbarcazione era partita dalla città libica di Zuara. 

 
Il secondo beneficio di lungo periodo che l’Italia riceverebbe dall’intervento in Libia riguarda la difesa delle nostre città dagli attentati terroristici. Nel novembre 2015, i miliziani dell’Isis, in Libia, erano circa 3000. Nel febbraio 2016, erano diventati 5000. Questo significa che al Baghdadi ha deciso di fare un grande investimento strategico, a pochi passi dalla Sicilia, che consenta all’Isis di colpire le città europee in maniera più agevole. Per arrivare dall’Iraq a Parigi, occorre attraversare diversi paesi. Per arrivare dalla Libia a Parigi, occorre attraversare soltanto l’Italia, con la conseguenza che i carabinieri colpirebbero duro e i miliziani dell’Isis pianificherebbero attentati contro le nostre città. 
Il terzo beneficio di lungo periodo riguarda la tutela degli interessi del colosso italiano Eni. Un rischio potenziale che può essere compreso soltanto da quegli italiani liberi dall’idea, fanaticamente ideologica, secondo cui Eni è un gruppo di poche persone che si spartisce miliardi di euro a fine mese. Eni è presente in 83 paesi con 84 mila dipendenti, il 14% dei quali in Africa. Se Eni sarà gravemente danneggiato dall’instabilità in Libia, dove ha grandi investimenti, aumenterà la disoccupazione in Italia e si abbasserà il Pil del nostro Paese. Quando si parla di “danni” per un colosso come Eni, si parla di decine di miliardi di euro e di migliaia di posti di lavoro. 
Nel breve periodo, il primo maleficio riguarda l’aggressività dell’Egitto, che si sta armando massicciamente, spendendo decine di miliardi di euro per l’acquisto di navi da guerra e caccia sofisticatissimi, con cui annuncia le sue ambizioni in Libia. Il modo in cui Al Sisi ha gestito la vicenda di Giulio Regeni e le alleanze strette con Hollande e il re dell’Arabia Saudita sono stati un continuo mandare messaggi in codice al governo italiano, che si possono riassumere in una formula: «Non temo l’Italia».
Il secondo maleficio, nel breve periodo, riguarda l’Isis. L’Italia sarà alla guida dei Paesi più odiati dai terroristi islamici, che sono Francia, Inghilterra e Stati Uniti. L’Isis ha una gerarchia dell’odio, la cui vetta è occupata dai Paesi maggiormente impegnati nella lotta contro il terrorismo. L’Italia è sempre stata in fondo alla “classifica”, ma l’intervento in Libia le farà scalare, rapidamente, qualche posizione, come dimostrano le intenzioni dei jihadisti arrestati in Lombardia, tra cui spicca il campione di kick boxing, Abderrahmane Khachia. 
Il crollo del governo centrale in Libia, e l’insediamento dell’Isis a Sirte, ha creato una situazione in cui l’Italia, qualunque cosa accadrà nei prossimi mesi, avrà un prezzo da pagare, a causa di una serie di forze oggettive che sono indipendenti dalla nostra volontà. Il governo italiano e i partiti politici, siano essi di maggioranza o di opposizione, stanno lavorando perché quel prezzo sia il più basso possibile. La nostra classe politica, troppo spesso ingiustamente denigrata, lo ha compreso da tempo e, evitando polemiche strumentali sull’intervento dell’Italia in Libia, sta dimostrando una compattezza nella difesa degli interessi nazionali, tipica delle democrazie occidentali più mature.

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