Il ruolo a Tripoli/ All’Italia servono alleanze larghe non basta Trump

di Alessandro Orsini
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Mercoledì 1 Agosto 2018, 01:00
L’incontro tra Donald Trump e Giuseppe Conte porta un’ottima notizia agli italiani. Dopo la caduta di Gheddafi, e il caos scoppiato in Libia, il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo si è ridotto in modo significativo. Per recuperare le posizioni perdute, all’Italia serve un alleato come Trump, il quale ha appena dichiarato che al governo Conte spetta il ruolo di protagonista nella stabilizzazione della Libia. 
L’espansione in politica internazionale richiede molte leve, tra cui le alleanze, e gli Stati Uniti sono l’alleato che tutti vorrebbero. Chiarita l’ottima notizia, cerchiamo di comprendere quale sia il problema dell’Italia in Libia, che è agevole descrivere. La guerra civile ha creato due principali centri di potere. Il primo si trova a Tobruk ed è il governo sostenuto da Francia, Egitto e Russia. Il secondo si trova a Tripoli ed è il governo sostenuto dall’Italia, con il favore della Turchia, rivelato dall’ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli, in un’intervista al Messaggero del 7 febbraio 2018. 

Siccome la sproporzione tra le forze in campo è grande, la Francia si sta dannando l’anima per mandare i libici al voto poiché pensa di prevalere, trovandosi in una posizione di vantaggio rispetto all’Italia, che frena sul voto immediato. In sintesi, Macron vorrebbe prendere il treno al volo, mentre Enzo Moavero Milanesi, il ministro degli Esteri italiano, gradirebbe attendere quello successivo. 
Dal momento che il governo di Tobruk è sostenuto da Francia, Egitto e Russia, l’Italia non può sperare di prevalere senza l’alleanza con qualche Stato straniero. Il calcolo è infatti semplice: tre contro uno. Le conseguenze strategiche sono davanti agli occhi: l’Italia deve operare per ottenere l’alleanza di Turchia e Stati Uniti. Il che significa che deve sviluppare una politica in favore di Erdogan e di Trump per contenere Macron, Putin e al-Sisi, giacché uno Stato che non si espande finisce per contrarsi (in favore di altri Stati). 
Il viaggio di Conte a Washington c’è stato. Ora sarebbe utile una visita ad Ankara. Vi è un solo modo di comprendere la politica internazionale, che è il parlar chiaro: governata da forze fedeli a Francia, Egitto e Russia, la Libia curerà gli interessi di quei Paesi. Se, invece, prevarrà un governo in ottimi rapporti con l’Italia, il bel Paese avrà un dirimpettaio amico, anziché nemico. Questo non ha a che vedere con il neocolonialismo, dal momento che l’Italia non ha alcuna possibilità di comandare in Libia. Ha a che vedere con un principio basilare della politica internazionale, che precede il neocolonialismo di qualche millennio: nessuno Stato può permettersi un vicino nemico, o potenziale tale, perché esiste sempre la possibilità che si armi contro di lui. 
Ricordiamo che l’uomo di fiducia di Macron in Libia, il generale Haftar, dichiarò, il 2 agosto 2017, di essere pronto a sparare sull’esercito italiano. L’essenza della politica internazionale non è il capitalismo, bensì la guerra, perché l’essenza di ogni cosa è la vita e non il denaro. Tant’è vero che l’invenzione della guerra precede il capitalismo.

L’ottima notizia, rappresentata dal sostegno di Trump, è però bilanciata da una notizia meno buona. Una politica estera di successo, sia essa espansiva o di contenimento dell’espansione altrui, richiede una crescita economica significativa, che l’Italia non può vantare. Avere un ruolo da protagonista in un Paese straniero, dove si agitano potenze come Russia, Francia ed Egitto, richiede denaro, oltre che buone alleanze. Tanto più che l’appoggio di Trump all’Italia, a cui chiede anche di essere un argine verso l’immigrazione di massa, sembra essere soltanto diplomatico. 
Il presidente americano, come disse in un incontro con Paolo Gentiloni alla Casa Bianca, il 20 aprile 2017, non ha intenzione di investire risorse in Libia. Questa è la traduzione testuale delle parole rivolte a Gentiloni: «Non vedo un ruolo in Libia. Penso che gli Stati Uniti abbiano abbastanza ruoli in questo momento. Abbiamo un ruolo dappertutto». Insomma, il presidente americano chiede all’Italia di fare, ma di fare da sola. Ecco perché l’Italia ha bisogno di trovare nuovi alleati in Libia e, data la configurazione delle forze nel Mediterraneo, questo alleato non può che essere Erdogan. 
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