Leadership europea/L’investitura di Obama non giova alla Merkel

di Marco Gervasoni
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Venerdì 18 Novembre 2016, 00:23
Con la visita di Obama a Berlino, l’incontro di ieri con Merkel e il vertice di oggi con Regno Unito, Francia, Spagna e naturalmente Italia, il presidente statunitense ritorna dove aveva iniziato la sua ascesa, in quella Germania in cui, nel luglio 2008, non ancora incoronato alle primarie, si era fatto conoscere dall’Europa. Fissato da tempo, con l’imprevisto Trump, il viaggio si colora di tinte meno squillanti, tanto che, secondo alcuni, Obama lascerebbe alla cancelliera tedesca il testimone. Di cosa? Per il New York Times nientemeno che quello di «ultimo difensore dell’occidente liberale» di fronte a Trump e alle nubi di una «internazionale populista».

Più prosaicamente Obama sembra voler investire la Germania del ruolo di leadership stabilizzatrice, se non del mondo, almeno dell’Europa. A questa conclusione egli è in realtà approdato fin dal 2011, quando ha decorato la cancelliera tedesca della Medaglia della Libertà, un riconoscimento non accordato a nessun altro leader europeo. Allora anche noi dobbiamo chiederci: ci salverà la Merkel?

A parte non riuscire a vedere bene da cosa dovrebbe salvarci, è dubbio che un Obama in scadenza, a cui è stato intimato di astenersi da decisioni contrarie alla linea decisa dal voto, possa veramente incoronare qualcuno. Ma poi è lecito porsi altre domande, sulla capacità e volontà politica di Berlino di perseguire questa missione.

Prima di tutto, quale Germania? È quella intransigente, soprattutto verso il nostro Paese, del ministro delle Finanze Schäuble o quella più dialogante, manifestatasi con il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico Schulz? È una nazione che vuole continuare a credere nel feticcio del fiscal compact oppure cambiare verso, per dirla con Renzi? 

Viste le dichiarazioni critiche nei confronti dell’austerità rilasciate da ultimo ad Atene, Obama non propende per una politica che comincia a far perdere giri pure al motore tedesco, come si è visto nel più recente rapporto economico.
Eppure la cultura della stabilità finanziaria (e dei vincoli di bilancio) è talmente radicata nei tedeschi, compresi i socialdemocratici, che queste parole di Obama non saranno accolte con giubilo - basta leggersi alcuni commenti già apparsi sui più autorevoli giornali. A quale Merkel poi il quasi ex presidente Usa confiderebbe «l’eredità morale»? La cancelliera tedesca è assai meno ideologica e «idealista» di Obama, con un tasso di pragmatismo attento, come ovvio, all’egemonia mercantile del proprio Paese e ai problemi politici interni, in particolare l’avanzata dell’Afd.

La Merkel di oggi è già ben diversa da quella che lanciò il proclama «possiamo farcela» e promise di aprire le frontiere. Altrimenti il ministro dell’Interno, de Maizière, non avrebbe dichiarato di augurarsi una soluzione all’australiana della questione migranti, cioè un controllo severissimo, anche da un punto di vista militare, dei confini europei. Ed è difficile immaginare una Germania anti-Putin, visto che il probabile nuovo presidente della Repubblica, il socialdemocratico Steinmeier, è un ottimo amico del Cremlino, come lo è larga parte della Spd, con cui presumibilmente Merkel continuerà a governare pure dopo le elezioni del prossimo anno. 

Invece di lasciare il timone nelle mani di una nazione, per ragioni militari ancora prima che storiche difficilmente capace di reggerlo, sarebbe meglio perseguire la costruzione di un nucleo ristretto e solido: in cui non può mancare la Francia post-Hollande, ma neppure il nostro Paese. A noi italiani decidere se vogliamo giocare questo ruolo oppure finire nelle carrozze di coda.
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