La Ue squilibrata/ Se la Merkel resta a galla in un’Europa che declina

di Giulio Sapelli
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Mercoledì 16 Dicembre 2015, 00:07
L’Europa sta con grande velocità trasformandosi in un gioco di specchi dove un osservatore troppo legato al passato potrebbe perdersi. Ma perdersi letteralmente, nel senso di non ritrovare più la strada né verso l’uscita né verso l’entrata. L’Europa in cui siamo cresciuti era una gabbia d’acciaio weberiana, ossia un reticolo fittissimo di regole e di regolamenti che funzionavano con l’implacabilità di un grande orologio barocco tipo quelli che vediamo dominare Piazza Venceslavo a Praga o le piazze centrali di tante cittadine della Bassa Baviera.
Un marchingegno non minaccioso ma implacabile che segna tempi e regole ed è diretto da un sistema d’interdipendenze tutte fondate su quella razionalità limitata, eletta invece a dogma che è contenuta nella contabilità a doppia entrata e con cui i tecnocrati europei pensano che si possano governare i popoli. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi. Su tutto aleggia il concetto di debito come colpa (come sostiene il ministro Wolfgang Schäuble) e il pareggio di bilancio come salvezza. 
Ma l’ultimo congresso della Cdu tedesca, terminato ieri a Karlsruhe, ha sensibilmente modificato questa immagine e l’orologio gigantesco sembra ora sullo sfondo, sostituito da un susseguirsi di ritratti della cancelliera Angela Merkel che ha sconvolto gli animi e sollevato pulsioni solidaristiche e umanitarie quali non si erano mai viste più da tempo in terra tedesca. La cancelliera, donna dell’anno, è stata infatti interrotta durante il suo discorso da ovazioni continue e da applausi fragorosi.

La ragione? No, non il rigore come si potrebbe credere, non il tripudio delle formiche creditrici contro le cicale debitrici, non la durezza senza umanità e pietà contro greci et simili popoli e nazioni incapaci di far di conto in economia di casa e di Stato secondo i dogmi dell’ ordo liberalismo. Ciò che ha suscitato ovazioni a non finire, stroncando ogni timido dissenso interno al partito Cdu, è stato l'appello all’accoglienza. Un appello alla solidarietà verso gli immigrati in genere che solo un anno fa nessuno avrebbe pensato di poter udire dalla bocca di Angela Merkel.
Anche qui con un gioco degli specchi nel gioco degli specchi che spiega dove siamo finiti: da un lato, la stessa Merkel invoca misure severe e la rinegoziazione delle quote e afferma che un tetto alle entrate dovrà essere indicato; ma dall’altro lato, quello dei ribollenti e commossi applausi, si allargano le braccia e si rievocano i Padri Fondatori al grido di «Adenauer uber alles Adenauer», il quale non avrebbe lasciato nessuno fuori dai confini al freddo e alla fame.
Insomma, difficile orientarsi in questa selva di emozioni e rievocazioni: vale la razionalità dell’orologio che ha rovinato la vita a milioni di disoccupati, pensionati e cittadini che sono finiti al centro di improperi d'ogni tipo di genere antropologico-razzista, oppure vale un continuo apparire e scomparire di una realtà nuova e composita in cui c’è posto per tutti?
Di certo vi è che la retorica ha invaso l’Europa provocando una «avalanche», come ha detto Schäublecommentando acido e isolato il discorso della cancelliera da lui definita una sciatrice negligente («careless skier») in grado appunto di provocare una valanga. Una valanga internazionale che fatalmente solleva nuvole di retorica sul tema immigrazione, tale da lasciare isolate nazioni come la Francia duramente colpite sia dagli attentati sia dalla speculazione neo populista sui medesimi, e incattivendo Stati come l’Ungheria che vogliono continuare a stare in Europa senza immigrati e lo spiattellano in faccia a tutti svolgendo rotoloni di filo spinato. E che dire di nazioni come la Grecia, impegnate in una azione persino eroica senza compenso alcuno da parte dell’Europa? Che cosa debbono pensare i greci, dopo che sono stati costretti a piegarsi ai diktat proprio della Germania in versione super rigorosa?
Si aggiunga il caso della Turchia, che ha ricevuto su spinta tedesca almeno 3 miliardi di euro per governare i flussi migratori nell’ambito dei suoi confini: comprendiamo le ragioni della politica e tuttavia così facendo - ossia disperdendo retorica e provocando valanghe - si indeboliscono azioni come quella italiana che ha innescato con la Conferenza sulla Libia un percorso virtuoso che farà scuola per costruire, o meglio ricostruire, aggregazioni statali o parastali che rendano di nuovo possibile la negoziazione internazionle anche sui migranti.
In verità la Merkel ha inaugurato un gioco di specchi scintillante e pieno di glamour ma che segna non il trionfo ma una nuova forma di declino dell’Europa, ben più pericoloso della stagnazione secolare da deflazione. Un declino che altro non è che una nuova forma di disgregazione neo nazionalista molto più simile di quanto a prima vista non appaia agli sciagurati neo populismi che si combattono, ma che non si stancano mai di riapparire. Il tutto mentre la gabbia d'acciaio è ancora al suo posto e l'orologio barocco batte le sue ore dietro la sagoma di una Merkel dai colori cangianti.
 
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