Isis, 4 donne messe a morte in Iraq. I curdi respingono assalto a Kobane

Isis, 4 donne messe a morte in Iraq. I curdi respingono assalto a Kobane
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Sabato 11 Ottobre 2014, 10:21 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 17:18

Quattro donne sono state messe a morte dai jihadisti dell'Isis nel nord dell'Iraq da inizio ottobre. Lo riferiscono attivisti dei diritti umani, precisando che due donne erano medici, una era diplomata in diritto e l'ultima un politico. Tre sono state giustiziate mercoledì a Mosul e la quarta nei pressi della città lo scorso 5 ottobre.

Gli scontri a Kobane ​Intanto prosegue l'assedio a Kobane. Le milizie curde asserragliate nella cittadina siriana a maggioranza curda a ridosso della frontiera con la Turchia, hanno respinto nella notte un assalto dei jihadisti dello Stato islamico (Isis) attorno al centro cittadino. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). L'Isis è penetrato lunedì scorso alla periferia di Kobane dopo tre settimane di assedio.

Richieste di aiuto da Kobane. Se la città siriana a maggioranza curda di Kobane dovesse cadere nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico (Is) sarebbe «un massacro». È l'allarme lanciato dall'amministrazione comunale di Kobane, da giorni assediata dai miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. «L'attacco dell'Is è violento e privo di valori umani», ha detto Xalid Berkal, consigliere comunale di Kobane, al sito di informazione di Rudaw. «Stanno distruggendo interi quartieri con carri armati e artiglieria», ha aggiunto l'esponente curdo.

Berkal ha quindi spiegato che circa 13mila civili sono ancora intrappolati a Kobane e temono un massacro da parte dello Stato islamico se la città dovesse cadere sotto il loro controllo. «I recenti raid aerei hanno avuto un grande impatto», ha detto Berkal riferendosi agli attacchi lanciati dalla coalizione internazionale a guida Usa, «ma non hanno fermato l'invasione di Kobane da parte dell'Is».

Il giallo degli Italiani a Kobane. Un video che riprende alcuni combattenti curdi a Kobane ha un audio appena udibile ma comprendibile del dialogo in italiano tra due uomini. La presenza di italiano sul territorio della città siriana non è comunque confermata.

Onu. Ieri l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, si è unito alle voci che chiedono alla Turchia di lasciare almeno passare «volontari» curdi e armi al fine di «evitare un massacro» sul tipo di quello avvenuto nel 1995 a Srebrenica. De Mistura ha sottolineato che circa 500-700 persone anziane e altri civili sono intrappolati a Kobane (Ain al Arab il nome arabo). Se non si agirà, «noi tutti, e la Turchia, rimpiangeremo di aver perso l'occasione di fermare l'Isis», ha avvertito l'inviato dell'Onu. Anche il segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel, ha chiesto ad Ankara una maggiore partecipazione nella battaglia contro l'Isis, sottolineando che la Turchia potrebbe consentire agli aerei statunitensi di utilizzare le sue basi, oltre che addestrare ed equipaggiare i ribelli siriani non fondamentalisti.

I raid aerei che la Coalizione internazionale guidata dagli Usa ha continuato anche oggi contro l'Isis non sembrano sufficienti ad impedire la caduta della città. Gli attacchi, sottolinea l'Ondus, non hanno impedito alle forze jihadiste di continuare a rifornirsi di munizioni, che arrivano da altre località della provincia di Aleppo e di Raqqa. Nelle ultime 24 ore lo Stato islamico ha anche utilizzato motociclette per il trasporto del materiale bellico, più difficili da individuare per i jet della coalizione rispetto alle auto finora impiegate. Oggi, tuttavia, un gruppo di forze della sicurezza curde è riuscito ad infiltrarsi sullo strategico altipiano di Mashta Nur, controllato dai jihadisti, uccidendone quattro.

Potrebbe essere questione di una decina di giorni la caduta della provincia occidentale irachena di Al-Anbar nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico a meno che non venga lanciata un'azione urgente. È quanto riferiscono responsabili iracheni al Times. Fonti della difesa americana alla Afp hanno definito «fragile la posizione dell'esercito iracheno nella regione dove decine di raid condotti dagli Usa e dai loro alleati sono riusciti a impedire all'Isis la conquista della diga di Haditha. Ma, scrive la Bbc online, i jihadisti continuano ad avanzare.

I servizi di sicurezza britannici stanno monitorando «migliaia» di sospetti terroristi a Londra. Lo ha fatto sapere il sindaco della capitale Boris Johnson, lasciando intendere che la minaccia dell'estremismo islamico sia molto più grande di quanto si sia ammesso finora. Il Telegraph riferisce che fino a questo momento si pensava che il pericolo maggiore arrivasse dai circa 500 jihadisti che si sono spostati dalla Gran Bretagna in Siria e Iraq per unirsi all'Isis o alle formazioni qaediste. Metà di essi sarebbero rientrati in Gran Bretagna.

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