Dijsselbloem, infuria la polemica. Lui si scusa: «Sono stato frainteso»

Dijsselbloem, infuria la polemica. Lui si scusa: «Sono stato frainteso»
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Mercoledì 22 Marzo 2017, 23:23 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 09:22

Un'affermazione «fraintesa», un messaggio «diretto», dovuto alla rigida etica calvinista che impone agli olandesi sempre la massima schiettezza, ma assolutamente non un'offesa rivolta ai Paesi del Sud. Dopo essersi attirato le critiche di mezza Europa, soprattutto della sua famiglia politica socialista, pronta a farlo fuori, il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem «si rammarica» per la sua intervista «non capita», e affida ad una lunga nota l'interpretazione autentica del suo discorso. Che voleva soltanto ricordare l'obbligo di rispettare i vincoli, da parte di tutti. Ma la bufera, scatenata già ieri dopo il suo rifiuto di scusarsi davanti agli eurodeputati che gliene avevano dato l'occasione, non è destinata a placarsi facilmente.

In molti hanno chiesto le sue dimissioni: dall'ex premier Matteo Renzi al premier portoghese Antonio Costa, dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ai socialisti europei, compatti. Solo la Germania gli rinnova, anche dopo l'incidente diplomatico, il pieno appoggio. E lui conferma che non se ne andrà. «Mi dispiace che il mio messaggio sia stato frainteso e che sia emerso come Nord contro Sud», e «mi dispiace se qualcuno si sia sentito offeso», la «frase sulle donne e l'alcol era riferita a me stesso, ho detto che non posso aspettarmi che se spendo i miei soldi in modo sbagliato possa poi chiede aiuti finanziari», ha detto Dijsselbloem nella nota consegnata alla stampa dopo che le richieste di dimissioni e scuse avevano raggiunto cifra doppia. L'olandese ha provato a spiegare l'equivoco chiamando in causa le differenze culturali: «Mi dispiace se qualcuno si sia sentito offeso dal mio commento. Era diretto, e può essere spiegato da una rigida cultura olandese, calvinista, improntata all'immediatezza tipica olandese. Capisco che non sia sempre ben capito e apprezzato altrove in Europa, e questa è un'altra lezione che ho imparato».

Difficile che basterà la sua spiegazione per placare l'irritazione prima di tutto in casa socialista: «È una vergogna per un rappresentante della nostra famiglia politica contraddire l'essenza dei valori di unità, rispetto e solidarietà alla base del progetto europeo», ha detto il presidente del Pse Sergei Stanishev. «Appartiene al partito socialista europeo anche se forse non se ne è accorto, penso che non meriti di occupare il ruolo che occupa. E prima si dimette meglio è», ha detto Renzi, tra i primi a chiederne la testa. Critiche anche dal presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, colpito dalle parole «inaccettabili». E nel parlamento italiano, l'ondata di sdegno è stata trasversale: da Forza Italia al Pd, da M5S a Lega, tutti contro l'olandese. Ma il suo fan numero uno, il ministro dell'economia tedesco Wolfgang Schaeuble, fa sapere tramite il suo portavoce che «apprezza il lavoro di Dijsselbloem» e lo vorrebbe fino al termine del mandato cioè gennaio 2018.

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