Espianti di organi ai feriti per rivederli sul mercato nero: l'ultima trovata dell'Isis

Espianti di organi ai feriti per rivederli sul mercato nero: l'ultima trovata dell'Isis
di Federica Macagnone
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 20 Aprile 2016, 15:20 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 00:59
Una équipe di medici specializzata nell'espianto di organi di combattenti gravemente feriti in battaglia: è questa l'ultima trovata dello Stato Islamico per rimpinguare le casse dei terroristi. Dopo l'asportazione, infatti, gli organi vengono rivenduti a centinaia di migliaia di euro sul mercato nero internazionale. 
Secondo la notizia lanciata dal quotidiano arabo al-Sabah, il gruppo di dottori, guidato da un medico tedesco, è all'opera sul fronte di combattimento iracheno e avrebbe l'ordine di effettuare gli espianti: gli organi asportati ai jihadisti vengono poi venduti sul mercato nero consentendo all'Isis di risanare i conti e pagare gli stipendi dei miliziani.
Solo pochi giorni fa, Fars News aveva riportato la notizia che i prigionieri nelle mani dello Stato Islamico sono costretti a donare il sangue in favore dei combattenti che rimangono feriti in battaglia. 

La crisi finanziaria. Queste operazioni sono strettamente connesse ai problemi economici che l'Isis è costretto ad affrontare: secondo una relazione dei funzionari dell'antiterrorismo statunitense, il Califfato starebbe attraversando una crisi di liquidità senza precedenti, diretta conseguenza di mesi di attacchi alle strutture petrolifere, alle banche e ad altri depositi che stanno facendo vacillare la capacità dell'organizzazione terroristica di pagare i suoi combattenti e portare avanti le operazioni di guerra. 

«Le carenze di cassa hanno già costretto il gruppo a dimezzare lo stipendio dei combattenti iracheni e siriani. Le continue diserzioni confermano che molte unità non hanno ricevuto lo stipendio per mesi. I civili e le imprese nei territori dell’Isis si lamentano a causa delle imposte e delle tasse sempre più alte riscosse dai terroristi per compensare la crisi di liquidità».
Gli attacchi ai centri economici del Califfato, dicono le fonti, avrebbero provocato «una riduzione di un terzo nella produzione di petrolio, mentre il fatturato complessivo legato a tale business è sceso del 50%».

«Per la prima volta c’è ottimismo - ha detto Daniel Glaser, il sottosegretario del dipartimento del Tesoro americano che si occupa dei finanziamenti al terrorismo - penso davvero che l’effetto delle nostre strategie sia significativo. Tuttavia l’Isis guadagna ancora un sacco di soldi e noi abbiamo ancora molta strada da fare».
Inoltre, c'è un altro aspetto da non sottovalutare: secondo le ultime stime, rispetto allo scorso anno, lo Stato islamico ha perso il 40% del territorio. Un duro colpo per l'organizzazione terroristica che, a differenza di al-Qaeda che basava parzialmente le sue entrate sulle donazioni esterne, ha tratto il suo reddito a livello locale attraverso imposte e tasse su imprese e civili. «L’Isis ha dovuto ritirarsi da una porzione enorme dei territori controllati in passato - ha detto Matthew Levitt, esperto di reti di finanziamento terroristiche che ha lavorato per il dipartimento del Tesoro americano e per l’FBI - se non controllano il territorio non possono sfruttare la popolazione, né tanto meno le risorse naturali, come petrolio, grano o acqua».
© RIPRODUZIONE RISERVATA