«È più doloroso delle doglie» ha raccontato Fatima, 22 anni, un'ex insegnante, fuggita dall'orrore del Califfato con la sua famiglia e che all'Independent ha descritto l'incubo vissuto da sua sorella, punita perché girava in strada senza portare i guanti. Fatima, che ha preferito non dare il suo nome completo, adesso è finalmente libera. Dopo vari tentativi falliti è riuscita a scappare con la sua famiglia: i suoi figli rischiavano di morire di fame, mentre l'Isis diventa sempre più violento soprattutto nei confronti delle donne. Dietro di sé ha dovuto lasciare la sua casa e il suo lavoro da insegnante e ora vive nel campo per sfollati Mabrouka, vicino a Ras al-Ayn, a nord-est della Siria. Tanti, troppi i rimpianti e i ricordi, ma doveva mettere in salvo se stessa e i suoi figli dai terroristi. «Il Biter è diventato un incubo per noi - ha raccontato Fatima - Mia sorella è stata punita lo scorso mese solo perché aveva dimenticato i guanti a casa. È passato del tempo da allora, ma ha ancora le braccia piene di lividi e cicatrici. Mi ha descritto quell'atrocità come più dolorosa delle doglie».
Nessuno sa descrivere alla perfezione cosa sia il biter, ma a Mosul è sulla bocca di tutti, mentre l'Isis continua a mostrarsi sempre più feroce soprattutto con le donne che si rifiutano di seguire il codice comportamentale: per i terroristi devono uscire in pubblico accompagnate da un uomo e completamente velate dalla testa ai piedi. Chi non segue i dettami viene sottoposta a immani torture.
Non è la prima volta che i jihadisti ricorrono a strumenti di tortura per imporre la propria autorità sulla popolazione: nel dicembre 2015 una donna sorpresa ad allattare il figlio in strada è stata uccisa, mentre nel 2014 un'altra mamma che si accingeva a farlo è stata torturata. «Mi hanno messo uno strumento con tanti denti affilati sul petto e lo hanno premuto con forza – ha raccontato la vittima – Urlavo dal dolore. Sono sopravvissuta, ma mi hanno dovuto portare in ospedale per le gravi ferite. Da allora la mia femminilità è stata distrutta completamente. Non possiamo vivere in questo modo. Non sono stata l'unica a essere stata sottoposta a questa tortura». E mentre si intensifica il terrorismo psicologico nei confronti della popolazione, la situazione a Mosul diventa ogni giorno più tragica: in città la gente è a corto di cibo, acqua, carburante e l'elettricità viene erogata sempre meno. Il latte per i neonati non è stato disponibile per sei mesi e un chilo di riso costa più di 8 euro.
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