Isis, l'Antiterrorismo: «Sessantacinque foreign fighters italiani»

Isis, l'Antiterrorismo: «Sessantacinque foreign fighters italiani»
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Mercoledì 11 Marzo 2015, 13:50 - Ultimo aggiornamento: 13:51
Sono arrivati a 65 i foreign fighters andati a combattere in Siria e Iraq che hanno avuto in qualche modo a che fare con l'Italia. il numero aggiornato è stato fornito dal capo dell'Antiterrorismo italiano, Mario Papa, nel corso di un'audizione al Comitato Schengen.

«Si tratta di numeri esigui - ha aggiunto - ma ciò che è più importante è il problema del rientro, anche perchè i raid della coalizione e le crisi interne al movimento potrebbero accelerare il processo di ritorno. E questo è l'aspetto più inquietante».



L'Antierrorismo ribadisce che sono più di 3mila i foreign fighters in Siria e Iraq, la metà dei quali partiti dalla Francia, 800-1000 dalla Gran Bretagna, 650 dalla Germania, 400 da Olanda e Belgio. I 65 partiti dall'Italia - di cui meno di 10 sono italiani o naturalizzati italiani - rappresentano dunque «un numero esiguo» su cui però si concentra l'attenzione degli apparati di prevenzione. L'attuale situazione, con le prime crepe nel movimento e le sconfitte militari (il numero dei foreign fighters morti è di 75, mentre l'anno scorso sono stati 20), ha spiegato il capo dell'Antiterrorismo, «fa sì che molti di loro cerchino di rientrare nei paesi di provenienza o anche in paesi diversi ma sempre in ambito Schengen.



E questo è l'aspetto più importante e inquietante» da tenere sotto controllo. Quanto alla provenienza sociale dei foreign fighters, o dei cosiddetti 'wannabe jihadist', coloro che aspirano a partire, Papa ha detto che non è possibile fare una classificazione precisa. «Si tratta di persone emarginate, che non hanno un futuro e che non sono integrate. Ma il jihadismo oggi può essere considerato un fenomeno di ribellione o risentimento: 30/40 anni fa chi oggi parte per i fronti di guerra sarebbe stato un estremista di destra o di sinistra».



Ma l'Isis comincia a mostrare le prime crepe a quanto dice il capo dell'Antiterrorismo italiano, Mario Papa, sottolineando che le informazioni d'intelligence fanno ritenere che «nel momento in cui si dovesse fermare l'espansione, le popolazioni locali cercherebbero protezioni di tipo diverso». Gli estremisti, chiarisce Papa, «non sono sconfitti, ma cominciano ad arrivare notizie di loro sconfitte militari». Il prefetto Papa ha citato, tra le sconfitte militari, la battaglia di Kobane, l'enclave curda in Siria, quella in corso a Tikrit e quella, prossima, a Falluja, dove sono in campo anche esponenti della guardia presidenziale iraniana. «Il prossimo appuntamento - ha aggiunto - sarà Mosul, tra aprile e maggio. Se l'Isis perde Mosul per il movimento è un colpo pesante. C'è poi un altro segnale che arriva dalle informazioni d'intelligence e che conferma come l'Isis non sia così unito». Vi sono delle crisi interne al movimento - ha spiegato Papa - cominciano ad esserci scontri tra le popolazioni locali e i foreign fighters e anche tra gli stessi combattenti arrivati dall'estero: da una parte gli arabi e dall'altra gli occidentali.



«Il vero luogo dove c'è un pericolo di radicalizzazione sono le carceri».
L'allarme arriva dal capo dell'Antiterrorismo italiano, Mario Papa secondo il quale il Dap sta facendo su questo fronte un «ottimo lavoro», fornendo al Comitato di analisi strategica antiterrorismo ogni informazione utile. «I foreign fighters o i lupi solitari, che sono quelli che ci preoccupano di più - dice Papa - si formano sul web. Ma più del jihadismo da tastiera il pericolo di radicalizzazione arriva dalle carceri».


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