Il leader supremo, l'ayatollah Ali Khamenei, è stato tra i primi a mettere la scheda nell'urna, quasi a volere dare il buon esempio.
«Consiglio agli iraniani di votare presto e di scegliere i candidati in maniera saggia, una grossa partecipazione rappresenta una sconfitta per i nostri nemici», ha detto l'ayatollah uscendo dal seggio. Anche il leader della lista dei riformisti-moderati, Mohammad Reza Aref, ha già votato.
La speranza è quella di scalzare la maggioranza conservatrice-fondamentalista che ha controllato i 290 seggi del precedente Majilis. Il voto - il primo dall'accordo tra Iran, Usa, Ue e Consiglio di Sicurezza dell'Onu sul programma nucleare e la fine delle sanzioni - potrebbe contribuire e rafforzare, in caso di un'affermazione dei riformisti moderati, la politica di apertura al mondo perseguita dal presidente della Repubblica, Hassan Rohani. Molti candidati riformisti e moderati sono stati però esclusi dalla competizione elettorale dal Consiglio dei Guardiani, l'organismo composto da religiosi e giuristi islamici incaricato di controllare il Parlamento e la sua attività legislativa. Difficile prevedere i risultati per il Parlamento: tradizionalmente, nella aree rurali le preferenze vanno ai conservatori, mentre nelle città vi è un voto più favorevole ai riformisti. Appare più scontata invece una maggioranza di tradizionalisti nell'Assemblea degli esperti: di 800 aspiranti per la corsa elettorale, ne sono stati ammessi solo 163 per 88 posti, per lo più di area conservatrice. In alcuni collegi si voterà per un unico candidato.