Il governatore democratico Jerry Brown ha già dichiarato lo stato di emergenza in sette contee e chiesto l'aiuto federale a Donald Trump, di cui è un fiero oppositore. La situazione «è di tale gravità e ampiezza che una risposta efficace è oltre le capacità dello Stato e dei governi locali colpiti», ha ammesso, invocando l'assistenza da Washington. Il presidente lo ha chiamato al telefono per garantirgli gli aiuti richiesti in questa «terribile tragedia» e Brown ha apprezzato la sua risposta rapida.
Mai come ora il fuoco aveva danneggiato in modo così devastante le due contee vinicole, che con i loro 100 mila acri di viti ed oltre 650 case vinicole producono circa il 13% di tutto il vino californiano ma ben di più se si guarda solo alle bottiglie di qualità. Un'industria che genera ogni anno più di 55 miliardi di dollari in California. I danni quindi potrebbero essere ingenti, soprattutto se i roghi dovessero continuare nei prossimi giorni. Senza contare l'indotto legato al turismo, trainato spesso da visite e degustazioni alle cantine locali. Le previsioni meteo sono incoraggianti perché indicano una diminuzione della forza dei venti e delle temperature che finora, complice la mancanza di umidità, hanno alimentato le fiamme. Ma attualmente i vigili del fuoco e i soccorritori stanno ingaggiando una dura battaglia per contenere i roghi ed evacuare gli abitanti. «Tutto è incenerito e avvolto dal fumo», racconta un testimone in tv togliendosi la mascherina. «Sembra il giudizio universale», gli fa eco un altro, di fronte a scene che sembrano apocalittiche, tra alberi che bruciano come torce e una pioggia di cenere.
Eppure la California è abituata agli incendi tra fine settembre e inizio ottobre, quando il clima si fa secco e arrivano venti forti, conosciuti come venti del nord o venti del diavolo. Ma negli ultimi anni il numero dei roghi sta aumentando, anche in altri stati dell'ovest, dove sono bruciati complessivamente oltre 8 milioni di acri, rilanciando gli interrogativi sul cambiamento climatico e nello stesso tempo anche sulle capacità di prevenire e gestire calamità naturali ormai annunciate. Colpisce infatti che una delle zone più ricche, creative e progressiste del pianeta, a due passi da San Francisco e dalla Silicon Valley, debba fare ogni anno i conti con disastri del genere, senza riuscire a ridurre il bilancio dei danni e dei morti.
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