Usa, in Arizona a decidere il vincitore fra Clinton e Trump potrebbero essere gli indiani navajo

Usa, in Arizona a decidere il vincitore fra Clinton e Trump potrebbero essere gli indiani navajo
di Anna Guaita
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Martedì 25 Ottobre 2016, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 18:47
NEW YORK – Da quando l’Arizona è entrata nell’Unione, nel 1912, solo due volte ha votato democratico alle presidenziali: nel 1948 per Harry Truman e nel 1996 per Bill Clinton. Ma a sentire i sondaggi, l’8 novembre questo Stato di frontiera che una volta faceva parte del Messico, è vicino a votare “blu” una terza volta. E se succederà, e Hillary Clinton vi sconfiggerà Donald Trump, non sarà solo per il voto della minoranza dei latino-americani, ma anche per il voto dei navajo.

Almeno un quarto del territorio dell’Arizona è composto di riserve indiane. Qui ci sono Apache, e Hopi, Maricopa e Mohave. E soprattutto Navajo, che contano quasi 180 mila persone nella loro grande riserva, che dal nord-est dell’Arizona si estende anche nel Nuovo Messico e nello Utah. Almeno 100 mila navajo sono in età di votare. E quest’anno sembrano decisi a farlo. E a mobilitarli è stato lo sgambetto che la Corte Suprema ha fatto loro nel 2013, quando ha abolito una parte del Voting Rights Act.

Votato nel 1965, il Voting Rights Act era un  pacchetto di leggi che dovevano proteggere le minoranze dalla discriminazione nel voto. Fra le altre cose prevedeva che nove Stati in cui si erano verificati i casi più gravi di discriminazione - Alabama, Alaska, Arizona, Georgia, Louisiana, Mississippi, South Carolina, Texas e Virginia – dovessero chiedere il via libera del Dipartimento della Giustizia prima di poter apportare qualsiasi modifica alle loro leggi elettorali. La storico e discusso passo della Corte Suprema nel 2013 ha concesso invece a questi Stati di agire indipendentemente, e così ha aperto le dighe a una serie di nuove leggi statali che in teoria sono dettate da desiderio di impedire i brogli elettorali, ma nella pratica rendono più difficile il voto delle minoranze.

Ma se tutti sono consapevoli della ricaduta negativa di tali nuove leggi restrittive su afro-americani e latino-americani, ben pochi hanno pensato all’effetto che esse hanno sugli indiani. Ad esempio: chiedere un documento di identità con foto e con un preciso indirizzo, cioè con il nome di una strada e un numero civico è una richiesta impossibile per molti navajo, che nella riserva hanno strade senza nome. Andare a farsi un documento con foto, riconosciuto dal governo Usa, poi, richiede un viaggio di almeno quattro ore, in auto, ma molti non hanno auto, o non hanno abbastanza soldi da impiegarli per un pieno solo per andare a votare. Dunque molti “indiani” si trovano ributtati indietro nel tempo, a un’epoca in cui avevano - sì - il diritto di voto, ma solo in teoria, cioè solo se vivevano nella città dei bianchi e non nelle riserve.

La rabbia per tutti gli ostacoli posti sulla strada del diritto di voto ha spinto il capo della tribù Navajo, Russell Begeye, a dare il suo endorsement a Hillary. E la campagna Clinton ha deciso di spedire nella riserva 15 organizzatori, che avranno il compito di organizzare e aiutare i nativi a esercitare il loro diritto di voto. 100 mila voti possono essere in Arizona l’ago della bilancia.


 
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