11 settembre, il mistero di Sneha: quel giorno sparì, nessuno l'ha mai trovata

11 settembre, il mistero di Sneha: quel giorno sparì, nessuno l'ha mai trovata
di Flavio Pompetti
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Domenica 11 Settembre 2016, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 07:55
NEW YORK - L'urna che porta il nome di Sneha Anne Philip è seppellita in un cimitero alla periferia di New York vicino la casa natale, e il suo nome è stato inserito nella lista scolpita sul parapetto che corre intorno alla vasca del memoriale dell'11 settembre. Ma i genitori 15 anni dopo la sua scomparsa vivono ancora nell'angoscia: l'urna contiene ceneri generiche raccolte a Ground Zero, e nessuno è stato capace di raccontare come Sneha Ann sia morta. Per loro come per i tanti giudici che hanno trattato il caso, la signora Philip resta il fantasma dell'11 settembre. La donna aveva 31 anni il giorno dell'attacco alle Torri. Una dottoressa di lontane origini indiane, con un marito anche lui medico con il quale viveva in un appartamento a due isolati dal World Trade Center. L'unione non era solida. Sneha aveva da poco perso l'impiego al Cabrini Hospital dopo tanti ritardi e dopo essere stata trovata in possesso di droga. Aveva trovato impiego in una clinica, ma nel frattempo il suo stile di vita era molto cambiato. Spesso non tornava a casa la notte; frequentava fino a tardi i gay bar cittadini, e forse stava scoprendo la propria omosessualità.

ADDORMENTATA
Il marito Ron Lieberman rispettava la fase di transizione nella quale la moglie era entrata, e i due continuavano a essere una coppia. L'ultima volta che Ron l'ha vista è stata la mattina del 10 di settembre, quando lui è andato al lavoro presto, lasciandola addormentata a letto. L'ultima traccia lasciata da lei è l'acquisto di cosmetici e di tre paia di scarpe in un grande magazzino della zona il pomeriggio del 10. La commessa che l'ha servita ricorda di averla vista in compagnia di un'altra donna, ma un'immagine registrata dalla telecamera di sicurezza la mostra sola a rovistare su un banco del negozio. Poi c'è il filmato sfuocato della telecamera del suo palazzo, che mostra una donna abbigliata come lei entrare nell'atrio alle 11:30 di notte, senza i pacchetti degli acquisti in mano. Infine c'è il mistero di una telefonata in partenza dall'abitazione dei due la mattina dopo alle 5:30, diretta al cellulare di Lieberman. Quest'ultimo giura però che Sneha non era ancora tornata a casa quando lui è uscito di nuovo alle 7:30.

VICENDA GIUDIZIARIA
La sua ipotesi, accettata anche dal giudice di appello dopo un ottovolante di sentenze durato sette anni, è che la moglie sia rincasata dopo la sua partenza; che alle 8:46 abbia sentito lo schianto nel palazzo vicino, e che sia accorsa per offrire il suo aiuto alle vittime, rimanendo a sua volta uccisa. Questa versione era stata scartata in primo grado dal giudice che non era riuscito a confermare la presenza della dottoressa Philip sul teatro della tragedia. Di conseguenza la morte presunta era stata datata al 10 di settembre tre anni dopo la scomparsa, come vuole la legge. Sono stati i genitori e il fratello della donna a insistere perché la causa fosse riaperta nel gennaio del 2008. «Questo è un caso inquietante, - ha scritto il giudice che ha ribaltato il verdetto precedente - tuttavia il requisito di prove chiare e convincenti non implica l'assoluta certezza, ma piuttosto quello dell'alta probabilità». Ed è in questo limbo di alta probabilità che riposa oggi la memoria di Sneha Anne Philip, condannata a emergere al primo posto di una ricerca su Internet sui misteri dell'11 settembre.