Gran Bretagna, Corbyn in rimonta: con May è testa a testa

Gran Bretagna, Corbyn in rimonta: con May è testa a testa
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Sabato 3 Giugno 2017, 13:13 - Ultimo aggiornamento: 4 Giugno, 11:22
Sale la temperatura della polemica, ma anche quella delle promesse in Gran Bretagna nello sprint verso il voto dell'8 giugno. E il leader laburista Jeremy Corbyn, in rimonta sulla premier conservatrice Theresa May, si gioca il jolly, evocando la formula magica del «milione di posti di lavoro» in più. Mentre May replica martellando sull'obiettivo del taglio dell'immigrazione grazie al presunto destino «luminoso» post Brexit del Regno, ma deve fare i conti anche con lo scandalo delle spese elettorali illegali che s'allunga sul suo partito e con le critiche per l'atteggiamento timido
imputatole nei riguardi dello strappo di Donald Trump sul clima.

A meno di una settimana dalle elezioni, i sondaggi continuano a indicare come lo scontro elettorale, che May aveva previsto di vincere con grande vantaggio, si sta trasformando in un testa a testa. Al momento i tories - che quando le elezioni anticipate sono state convocate avevano 20 punti di vantaggio - vengono dati vincenti con il 44-45%, con i laburisti che incalzano con il 36-40%.

Intanto nel dibattito a distanza andato in onda la notte scorsa sulla Bbc, May e Corbyn sono stati messi sotto torchio dagli elettori che li hanno tempestati di domande, 45 minuti ciascuno.  

Il leader laburista pare deciso a sfruttare il trend favorevole dei sondaggi e le difficoltà di lady Theresa. Sa che il sorpasso non c'é ancora stato e forse non ci sarà, ma intravvede un risultato che nessuno si aspettava da lui: la
possibilità concreta, se non altro, di limitare la vittoria annunciata dei Tories, tramutandola in una vittoria di Pirro. Va così all'attacco a tutto campo, puntando su un programma di rilancio dello stato sociale, di spesa pubblica e di equità fiscale che suscita riserve fra alcuni esperti e spaventa l'establishment, ma risponde alle domande e ai malesseri di molti sudditi abbandonati a loro stessi in questi anni di austerità.

L'ultima scommessa è sul milione di «buoni posti di lavoro» che il Labour si impegna a creare con una politica di investimenti, laddove mai dovesse davvero riconquistare Downing Street. L'accento è tutto su quell'aggettivo, «buoni», che richiama l'idea di posti non precari in un Paese in cui la ripresa ha portato l'occupazione a livelli record, secondo le cifre ufficiali della macroeconomia, ma spesso incerti e talora sottopagati, in una selva di contratti flessibili (o capestro) come quello cosiddetto a zero ore. Parlando da York, nel malandato nord dell'Inghilterra, Corbyn delinea, in barba a chi lo accusa di voler gonfiare il debito pubblico, il progetto di «una banca nazionale di investimento» in grado di iniettare col tempo nel settore industriale fino a 250 miliardi di sterline.

Idee (o sogni, a seconda dei punti di vista) su cui il Labour potrebbe trovare la sponda degli indipendentisti scozzesi dell'Snp di Nicola Sturgeon. La quale continua a credere che alla fine May riuscirà a strappare una maggioranza ai Comuni, ma se così non fosse apre per la prima volta apertamente a un concetto di «alleanza progressista»: facendo balenare un ipotetico appoggio esterno a un altrettanto ipotetico governo Corbyn. Una minaccia solo teorica, per ora, per i Tories, che tuttavia devono guardarsi, oltre che dai sondaggi, da un'improvvisa sfilza di guai. La tegola di oggi arriva da Craig Mackinlay, deputato del collegio di South Thanet, nel Kent, incriminato nell'inchiesta sulle spese elettorali d'oro.

Mentre sulla premier piovono rimbrotti anche per la reazione al voltafaccia americano sull'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Decisione di cui May si è detta «delusa» in una telefonata con Trump, ma sottovoce e senza firmare la lettera di condanna con Italia, Francia e Germania. Tanto da attirarsi l'accusa di Corbyn d'aver ormai tradotto la relazione speciale con gli Usa in «sudditanza» al cospetto di 'The Donald'.

Intanto il Guardian, da sempre giornale schierato a sinistra, annuncia in un editoriale l'apoggio senza riserve a favore del Labour e di Corbyn, nei confronti del quale pure non erano mancate critiche da parte di alcuni commentatori del giornale progressista negli ultimi mesi. Il Guardian evidenzia come i sondaggi testimonino il ritorno in auge del sistema a due soli partiti nel Regno, con «una scelta secca fra Labour e governo Conservatore». Boccia quindi senz'appello la campagna «negativa» di May, nonché l'imbarazzante «marcia indietro» sulle proposte programmatiche iniziali Tory in materia d'assistenza sociale. Al contrario riconosce al rivale d'essere stato «energico ed efficace» e d'aver dato messaggi di novità al Paese. Corbyn, al di là della sua storica militanza nella sinistra radicale, «ha dimostrato che il Partito Laburista può essere all'inizio di qualcosa di grande, non agli ultimi sussulti di qualcosa di piccolo».
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