Giulio Regeni, Renzi chiede chiarezza sull'estraneità di Al Sisi

Giulio Regeni, Renzi chiede chiarezza sull'estraneità di Al Sisi
di Marco Conti
4 Minuti di Lettura
Domenica 7 Febbraio 2016, 09:50
«Non crediamo possa esserci una catena di comando che porta direttamente ad Al Sisi. Anche perchè nessun sano di mente può pensare di fare un favore al generale ammazzando un italiano». A palazzo Chigi si pretende la verità sulla morte del giovane ricercatore friulano e si sottolinea «la fermezza» con la quale il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni anche ieri ha sostenuto quanto si sia «ancora lontani dalla verità». Sette uomini, tra Carabinieri, Polizia ed Interpol, sono da ieri l'altro al Cairo per indagare sull'accaduto insieme alle autorità egiziane, ma dai primi report arrivati alla Farnesina tramite l'ambasciatore italiano Maurizio Massari, si comprende quanto sia difficile districarsi nel complesso apparato di potere di sicurezza egiziano composto da esercito, polizia, bande paramilitari, servizi segreti sino alle ramificazioni che storicamente quel potere ha nella malavita e nel terrorismo.

LE DOMANDE
Un intreccio stratificatosi nel tempo che Al Sisi ha di fatto ereditato e perpetuato da Mubarak, che a sua volta lo ricevuto da Sadat e prima ancora da Nasser. Tutti generali e tutti con a fianco miliziani e ”cani sciolti” sempre pronti a riciclarsi pur di continuare a gestire il lato oscuro del potere che caratterizza molti, se non tutti, i governi mediorientali. E' presto per sostenere se qualcuno ha prima catturato e poi ucciso Giulio Regeni per compromettere i rapporti tra l'Egitto e l'Italia e mettere in difficoltà il potere di Al Sisi, ma la domanda ”a chi giova tutto ciò?” cerca una risposta tra coloro che da sempre combattono il ruolo egiziano nella lotta al terrorismo del califfato e al fondamentalismo islamico. E' per questo che alla Farnesina, come a palazzo Chigi, ci si continua a muovere con estrema cautela chiedendo soprattutto ad Al Sisi, e ai suoi ministri, di fare piena luce sul barbaro assassinio di un nostro giovane connazionale che al Cairo stava lavorando alla sua tesi.
 
La veloce riconsegna della salma, insieme alla prima autopsia effettuata nell'ospedale italiano del Cairo, vengono considerati segnali di piena collaborazione a far piena luce su una assassinio che gli stessi quotidiani del Cairo - a cominciare da quelli più governativi - seguono con estrema attenzione proprio a conferma della volontà di Al Sisi di offrire risposte convincenti non solo all'Italia ma a tutta la comunità internazionale. A Renzi non bastano le scuse. Tantomeno può permettersi di scendere a compromessi e sacrificare la difesa dei diritti umani, e le ragioni di una famiglia che chiede risposte, in cambio della tutela di rapporti economici e di interessi geopolitici. E' per questo che ad Al Sisi ha chiesto «chiarezza». Ovvero un'indagine che provi il non legame, come gli assicurato a voce lo stesso Al Sisi, tra il brutale assassinio e gli apparati di sicurezza del regime.

La pesante repressione in atto contro la Fratellanza musulmana e contro gli oppositori interni rende non facile il lavoro degli inquirenti egiziani ed italiani. Renzi è però convinto che sia interesse di Al Sisi offrire una versione convincente dell'accaduto e individuare i responsabili di un gesto che rischia di compromettere ulteriormente l'immagine del generale indebolendolo proprio quando il caos libico impone un rapporto sempre più stretto tra il Cairo e le democrazie europee occidentali. Italia in testa.

OMERTA'
L'alta tensione delle prime ore, con tanto di minaccia della rottura delle relazioni diplomatiche, sembra rientrata anche perchè l'Italia non è nuova a situazioni simili. Una per tutte la vicenda della funivia del Cermis che fu in grado di provocare forti tensioni con gli Stati Uniti. Tensioni che poi rientrarono quando si affidò alla giustizia americana l'intero caso. Stavolta si tratta di capire sino a che punto e se il sistema di sicurezza di Al Sisi sia coinvolto o se il rapimento e l'assassinio di Regeni sia nato tra gli apparati che in Egitto si perpetuano e dimostrano il loro potere a prescindere dal generale che guida il Paese delle due terre.

Ieri la salma di Giulio Regeni è arrivata a Fiumicino dove ad attenderla c'era il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha anche abbracciato i genitori del ricercatore che erano sull'aereo dell'Egyptair. La salma, trasferita all'Istituto di medicina legale dell'università La Sapienza, è stata sottoposta ad una nuova autopsia dopo quella effettuata nell'ospedale italiano del Cairo. Renzi attende i risultati anche se probabilmente non saranno diversi da quelli giunti dal Cairo e che parlano di torture e botte.

Sgomberare l'omertà che ha avvolto la vicenda sin dalla denuncia della scomparsa, è l'obiettivo che i governi di Roma e del Cairo provano a perseguire di comune accordo. Fornire risposte convincenti, senza arrivare a mettere in crisi i rapporti tra i due paesi, è, secondo Renzi, interesse soprattutto di Al Sisi. Non c'è dubbio, l'Italia di Matteo Renzi ha scommesso molto sull'Egitto di Al Sisi come Paese stabilizzatore della regione in grado di lavorare anche in Libia in vista della nascita di un governo unitario tra le varie fazioni. Dal canto suo l'Egitto tiene al rapporto con l'Italia come ponte verso l'Europa e l'Occidente. Difficile che chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio Regeni non ne abbia tenuto conto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA