Giulio Regeni rapito sotto casa: le tracce del cellulare smentiscono gli egiziani

Giulio Regeni rapito sotto casa: le tracce del cellulare smentiscono gli egiziani
di Cristiana Mangani e Sara Menafra
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Mercoledì 10 Febbraio 2016, 10:42 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 09:07

L'ultimo segnale del cellulare di Giulio Regeni arriva che è ancora nel suo quartiere, ad Al Dokki, forse addirittura sotto casa. Viene agganciato dalla cella telefonica della zona, e a confermarlo è la stessa procura di Giza, in base alle indicazioni che gli sono state fornite dalla società telefonica. Nessuna retata, dunque, nella quale sarebbe stato coinvolto mentre si recava all'appuntamento con un amico in piazza Tahrir. Molto più probabile, invece, che il ricercatore friuliano sia stato sequestrato da qualcuno che lo stava aspettando sotto casa. E questo avvalorerebbe la tesi che, in Egitto, non era considerato un dottorando qualunque, ma una persona da “sorvegliare”. Lui, e anche gli amici: per quei loro rapporti con attivisti politici e sindacalisti indipendenti contrari al governo del presidente Al Sisi.


IL TUTOR
Ed è forse per questo che, dopo il ritrovamento del cadavere, il suo tutor Gennaro Gervasio, docente alla British University del Cairo, è stato messo sotto protezione dai carabinieri dell'ambasciata italiana. Perché è con lui che Giulio doveva andare al ristorante di Gad in Bab el Luk, dove avrebbero festeggiato il compleanno di un amico anziano, conosciuto agli ambienti della sicurezza come un oppositore del regime.
 
Gennaro è stato sentito dal team di investigatori italiani e, al suo arrivo a Roma, anche dal pm Sergio Colaiocco. Secondo la ricostruzione fornita ieri dal sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, è lui l'ultimo a sentire Giulio. Lo chiama al cellulare alle 19,40 e, non vedendolo arrivare, prova a ritelefonargli alle 20,18, ma già a quell'ora non ottiene più risposta.

GLI ORARI
Il telefono squilla a vuoto e farà lo stesso alle 20,23, mentre due minuti dopo verrà spento definitivamente. Tra le 22,30 e le 23 della stessa sera sarà sempre Gervasio a chiamare al cellulare l'ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, per lanciare l'allarme. Regeni verrà trovato cadavere nove giorni dopo, a ridosso dell'autostrada per Alessandria, ucciso da torture e sevizie. Secondo l'autopsia, sarebbe morto intorno all'1 o il 2 febbraio. L'Egitto ha sempre negato di averlo arrestato durante i controlli avvenuti nella sera del quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir. E infatti i dati rilasciati dal suo cellulare confermerebbero un'operazione mirata nei suoi confronti. Nel frattempo continuano le incomprensioni tra i nostri investigatori e la polizia locale. Al centro del nuovo mistero c'è il computer di Giulio. La procura di Giza ha dichiarato di non averlo mai avuto, mentre ieri da piazzale Clodio è arrivata la conferma: c'è l'abbiamo noi, ce lo hanno consegnato i familiari. E ora Giza è intenzionato a richiederlo indietro per poter continuare le indagini.

Nel frattempo, ieri, è stato ascoltato al Copasir il direttore del Dis Giampiero Massolo, il quale ha ribadito che Regeni non era un informatore dei nostri servizi segreti. Nell'ambito dell'audizione si è valutato il perché dell'insistenza da parte dell'Egitto di ritenerlo una possibile ”spia”. E si è discusso sull'eventualità che qualcuno dell'università inglese dove studiava Regeni potesse avergli chiesto particolare attenzione ai movimenti opposti al governo, sollecitandogli una sorta di informazione-analisi che potrebbe aver causato l'atroce reazione da parte di qualche apparato paramilitare.

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