Le esplosioni alla Basf e i rischi della chimica

di Davide Tabarelli
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Martedì 18 Ottobre 2016, 00:31
Lo stabilimento di Ludwigshaven è uno dei simboli della Germania.
Fu fondato nel 1865, all’inizio della seconda rivoluzione industriale che poggiò, in gran parte, su quelle scoperte della chimica che avrebbero portato così tanta ricchezza all’intero genere umano. Certo, il ricordo va anche allo sviluppo degli esplosivi che sterminarono i soldati, da una parte e dall’altra, nella prima guerra mondiale. Ma tutto quello che usiamo oggi e che, bene o male, ha a che fare con la chimica, è passata in buona parte di lì.
I dipendenti all’inizio erano 30, oggi sono oltre 100 mila, in tutto il mondo, anche in Italia. Basf sta per Baden Anilin und Soda Fabrick. Baden, dove si trova lo stabilimento, di fronte a Mannheim, città conosciuta molto bene da tanti emigrati dal Sud Italia, ultimamente anche del Nord. L’Anilina è uno dei primi composti individuati dalla chimica a metà dell’800 per fare i coloranti. Deriva dal benzene, uno degli elementi che tutti noi usiamo nella benzina delle nostre auto. Il capoluogo del Baden Wurttemberg è Stoccarda, sede, oltre che della Porsche, anche della Mercedes Benz. Nel loro museo è ancora visibile il primo motore a scoppio che Benz sviluppò a partire dai primi esperimenti che condusse a Mannheim, grazie all’abbondanza di benzene, negli anni che partiva l’impianto Basf. 

La soda è uno dei composti più utilizzati nella nostra vita quotidiana per l’impiego in cucina e per i detergenti. La “F” di Basf sta per Fabrik, fabbrica, stabilimento, dove lavorano gli operai che tornano a casa con un salario e possono comprare da mangiare per i propri figli e avere un progetto di vita. L’incidente è una ferita non solo per l’industria tedesca, ma anche per quella europea, la parte di economia del nostro continente che giocherà ancora un ruolo importante nel mantenere occupazione, prima e, poi, avanguardia culturale e politica per il resto del mondo. Sono le fabbriche che portano ricchezza, in termini di possibilità di lavoro per la gente, in particolare per i giovani. 
Nel 2014 la notizia fece il giro del mondo. Invece di investire a Ludwingshaven, Basf decise di espandere i suoi stabilimenti in Texas, dove la rivoluzione del fracking ha fatto aumentare la produzione di gas e, di conseguenza, crollare i prezzi del gas a un terzo di quelli dell’Europa. In Germania, complice la rivoluzione verde, che contagia anche l’Italia, i costi del gas e dell’elettricità sono troppo alti.

I maligni raccontano che la riduzione dei costi che sta rincorrendo la Basf in Germania, per recuperare competitività con il resto del mondo, hanno portato ad una riduzione di quelli nella sicurezza. Per recuperare gli alti prezzi nell’energia si comprimono gli altri costi, fra cui quelli della sicurezza. Non è vero, però: nessuno ha standard ambientali e di controllo come quelli europei, il che spiega anche il nostro declino industriale. 
In Italia impianti simili a quello di Ludwigshaven non ce ne sono più, hanno chiuso tutti e lasciato spazio a campo verdi; come dicono gli ambientalisti e le normative, hanno restituito al territorio la loro iniziale destinazione, che è il verde. Marghera, Priolo, Gela, Porto Torres sono chiusi, qualcosa è rimasto a Brindisi, Livorno, Mantova, Ferrara. Noi non corriamo i rischi di incidenti come quello di ieri, perché siamo di fatto usciti dall’industria chimica, nonostante un’avanguardia ereditata da un passato di grande cultura scientifica che vide il massimo splendore negli anni del boom economico.

Il Nobel a Natta nel 1962 ne sancì un’avanguardia che purtroppo ormai è sparita. Molte aziende italiane lavorano per le grandi imprese tedesche, anche per la Basf. Purtroppo, ieri l’incidente ha fatto schizzare sui siti di tutti i giornali la notizia, scalfendo ancora una volta l’immagine della nostra industria, del nostro manifatturiero, che è quello su cui, invece, dobbiamo riporre fiducia per la ripresa. Le imprese devono investire ancora di più in sicurezza, per evitare che si ripetano gli incidenti di ieri, ma i cittadini non dimentichino che le fabbriche sono il primo luogo dove si crea lavoro, il pilastro fondamentale per ogni progetto di vita e, poi, di rispetto dell’ambiente.
 
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