I palestinesi, del resto, avevano avvertito nei giorni scorsi che non si sarebbero accontentati di una «manciata di minuti di pace», e che pretendevano da Israele una serie di concessioni in cambio di una intesa duratura. Al tavolo del negoziato, mediato dal capo dell'intelligence egiziana, Il Cairo ha dovuto, alla fine, proporre il rinvio dei dossier più spinosi: il disarmo di Hamas per gli israeliani, la fine dell'embargo a Gaza per i palestinesi, oltre ad altri capitoli scottanti, dai prigionieri ai cadaveri dei soldati uccisi nel conflitto di queste settimane. Le due parti, hanno riferito fonti vicine al negoziato, avevano raggiunto una intesa parziale su sei punti messi sul piatto dagli egiziani.
In sostanza, in cambio dell'attenuazione dell'embargo, con maggiori flussi ai valichi e anche salari ai membri civili di Hamas, le fazioni palestinesi si sarebbero impegnate a non sparare razzi contro Israele non per 3 giorni ma per molto più tempo, «anni» secondo i più moderati.
Resta tuttavia sospesa la spada di Damocle dei razzi partiti ieri sera dalla Striscia cui Israele ha risposto facendo di nuovo decollare i suoi droni. «I terroristi di Gaza hanno rotto la tregua», aveva twittato il portavoce militare israeliano pochi minuti dopo che il sistema Iron Dome aveva intercettato e distrutto un razzo mentre altri erano caduti in campo aperto. Hamas, dal canto suo, ha negato ogni responsabilità nella nuova fiammata di lanci. Ma pare evidente che altre fazioni non hanno deciso di togliere il dito dal grilletto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA